Approfondiamo la conoscenza
di Andrea Scanzi come autore di
libri. Di suo ho appena finito di leggere I
cani lo sanno, dall’accattivante sottotitolo (per chi ha un cane) Elogio dello sguardo rasoterra.
Penso che chiunque abbia o
abbia avuto un cane sia stato prima
o poi tentato di mettere nero su bianco il proprio rapporto personale con quell’essere
pulcioso e sbavante ma capace di infinita devozione. Ho amici che lo hanno
fatto e io stesso ho cento buone pagine
pronte sulla storia del mio cane, ma quando mi metto a scrivere
le altre cento che servirebbero per terminare il libro mi blocco sempre. E so
bene anche il perché, ma non ve lo dico. Affari miei.
Perlomeno lasciandolo in
sospeso non rischio di cadere nel melenso
come fanno tutti i compagni di cani quando scrivono del proprio rapporto.
Andrea
Scanzi compreso.
Per carità, non che il libro
sia brutto, anzi, si legge benissimo, è scritto da professionista e spesso fa anche ridere, ma anche il giornalista non è riuscito ad evitare di cadere
nelle sdolcinature e di enfatizzare non poco i sentimenti che si provano condividendo
la vita con un cane, dalle gioie più elettrizzanti ai dolori più estremi,
finendo inevitabilmente con il rimarcare il banale.
“Un cane è pace, bussola, riferimento.”
Evidentemente, quando si
intende scrivere di cani non si può
fare a meno di andare sempre a finire così.
Scanzi racconta il suo
rapporto a tre con le due Labrador nere
con cui da qualche anno condivide la vita: Tavira
e Zara, mamma e figlia, ognuna con
le proprie particolari caratteristiche somatiche e caratteriali che l’autore
descrive minuziosamente analizzando ogni peculiarità e trovando anche lo spazio
per inserire riallacci, come suo solito, alla musica, ai fumetti, alla cinematografia
e alla letteratura, non disdegnando di lanciare qualche frecciatina politica
(ma questo in modesta quantità).
Ne deriva una scrittura
rapida, acuta e briosa, anche piacevole,
ma che man mano scade nel banale,
nel già vissuto, con vicende attraverso le quali, con poche differenze, sono
passati tutti i compagni di cani.
Questo indubbiamente è un
sistema per suscitare empatia in un’ampia cerchia di persone, e basta guardare
i commenti al capitolo del blog di
Scanzi dedicato a questo testo per essere sopraffatti dal tedio suscitato dall’infinità di interventi che inneggiano a questo
libro… i cui autori subito dopo si sentono in dovere di raccontare la propria vicenda personale.
E io non ne posso più del
banale.
Mille volte ho pensato di
buttare via le mie cento pagine e
non pensarci più, ma ancora non l’ho fatto perché a tratti, rileggendole, mi
faccio i complimenti da solo per quanto sono stato bravo a scriverle, ma quanto
a completarle… E poi, il cane di cui
parlo io si comportava più da gatto
che da cane, e già questo basterebbe a uscire dal piattume. Ma va be’.
Il Lettore cinogattofilo
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