mercoledì 27 gennaio 2016

Il segreto della libreria sempre aperta

Un altro libro che parla di libri e librerie, adeguatamente pompato ma irrimediabilmente bocciato. E come ti sbagli? È un po’ come per i film: più li senti trainare dalla pubblicità e più puoi stare sicuro che sono delle boiate pazzesche. Giusto l’altra sera a cena si discuteva su The Revenant: tutti a dire che si sarebbe per forza dovuti andare a vederlo, solo io e un altro illuminato continuavamo a sostenere che due ore e mezzo di film ambientato in una foresta a trenta gradi sotto zero non possono che far sollevare perlomeno qualche sospetto sulla sua piacevolezza…




In questo caso non siamo in una foresta canadese ma nel caldo interno di una libreria di San Francisco che resta aperta 24 ore al giorno e sembra frequentata da strani individui. Il commesso di notte si adopera per cercare di capire gli arcani che sospetta si nascondano tra gli scaffali e scopre sette segrete impegnate nella ricerca della vita eterna attraverso la consultazione di antichi tomi. Ovviamente, l’ultimo arrivato sarà il primo a scoprire il bandolo della matassa. Pietoso.
Al di là del modo arruffato e superficiale di come è condotta la narrazione, in questo romanzo di Robin Sloan ci sono comunque degli spunti interessanti che se fossero stati trattati in maniera migliore avrebbero reso il testo più soddisfacente (è per la loro presenza che ho continuato a leggerlo fino alla fine con speranze man mano deluse). Innanzitutto i testi antichi, che sono affascinanti di per sé. Un argomento portante del libro è il carattere tipografico Gerritszoon, inventato intorno al 1500 da quel Francesco Griffo che è stato allievo e collaboratore di Aldo Manuzio, geniale editore e tipografo al quale si possono attribuire molti dei volumi più belli della storia della bibliografia, e anche questi due ultimi personaggi assumono un ruolo basilare (ma trattato in maniera alquanto sciatta) nella narrazione.
Un’altra delle poche cose degne di stima di questo romanzo è l’unione tra antico e moderno: enigmi e personaggi del passato inseriti in un linguaggio attuale e uniti a fatti e ambientazioni contemporanei. Il Medioevo e il mondo di Google che vanno a braccetto, e per “mondo di Google” si intende proprio il campus sede della società informatica, della quale vengono descritti nei minimi particolari i modi di lavorare e i sistemi di progettazione, facendo intravedere le potenzialità insite nell’enorme capacità di calcolo dei computer interconnessi. Nel romanzo è riportato anche il fatto di come già qualche anno fa Google avesse immagazzinato nelle proprie banche dati più del 60% di tutto il materiale mai pubblicato al mondo nel corso dei secoli, sia come scansioni che come digitalizzazioni, e ciò lascia immaginare come mai prima di oggi tutta la cultura sia stata così facilmente raggiungibile. Solo a volerlo, a patto che non ci si lasci rimbecillire dalla televisione.
Ma le aspettative e le curiosità innescate nelle prime pagine del romanzo vengono in seguito deluse dalla sciatteria generalizzata e dalla caduta nel banale, il libro stanca e si trascina in un finale che lascia il tempo che trova senza soddisfare niente e nessuno. Di sicuro Sloan ha tentato un buon esperimento, che purtroppo gli è riuscito male.
Il Lettore 

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