Nell’accingermi a recensire
quest’ultimo “romanzo” di un mostro sacro qual è Umberto Eco devo confessarvi che mi sento non poco imbarazzato. Un po’ per la caratura del
personaggio, un po’ perché dopo aver letto il libro ed aver formulato il mio
parere sono andato a spulciare in rete per erudirmi su cosa ne avessero pensato
gli altri, e la scoperta è stata quella di un libro estremamente controverso e
dibattuto, inneggiato da alcuni e stroncato da altri, che ha ricevuto i
punteggi massimi nelle varie graduatorie così come si è beccato gli zeri, tanto
per restare in tema, più denigranti.
Be’, lasciatemelo dire,
coloro che hanno dato il punteggio minimo a questo libro sarebbe meglio che invece di leggere qualsiasi cosa si
sedessero davanti al televisore e continuassero a guardare le partite di
calcio, perché significa che ci hanno capito meno di un cazzo.
Ha ragione invece chi lo ha
definito una presa per i fondelli, ma non nei confronti del lettore come si è
lamentato qualcuno dando prova di una conoscenza “per sentito dire” di altre
satire di Eco come Il pendolo di Focault,
ma più che una presa in giro la definirei una denuncia nei confronti della
società dal dopoguerra ad oggi che manovra la massa dei singoli conducendoli a
pensare come decidono in pochi e servendosi di qualsiasi arma.
Nel raccontare l’esperimento
di costruzione di un giornale
destinato a non essere mai stampato, Umberto Eco mostra le strategie e i
trucchi del giornalismo per indurre lo sprovveduto lettore a pensare una cosa
al posto di un’altra, per far sì che la massa resti nell’ignoranza più assoluta
di quali siano le vere verità e venga invece plasmata come ritengono più
opportuno coloro che governano realmente. Eco prende ad esempio i fatti
salienti della storia italiana dalla morte di Mussolini a Mani Pulite e ne dà
un’interpretazione fantasiosa ma plausibile preconizzando, e lui si trova già
all’interno di questo futuro, quello che è lo sfacelo della società odierna.
In pratica leggere questo
libro è stata una conferma di ciò
che predicavo qualche settimana fa: non bisogna credere a ciò che dicono i
giornali, bisogna fare la tara su qualsiasi notizia e sul modo in cui viene
presentata, perché qualsiasi giornalista è al soldo di chi gli elargisce lo
stipendio e scrive ciò che gli viene ordinato di scrivere, e piano piano,
insieme alla tv spazzatura, stanno guidando la massa verso una condizione di
rimbecillimento totale. Tant’è vero che qualche giornalista, in preda ad un raptus di coda di paglia, si è lasciato
prendere la mano nello stroncarlo.
Leggevo pochi giorni fa una
delle ultime interviste rilasciate da un personaggio pubblico scomparso da
poco, nella quale questa persona asseriva che era profondamente delusa da come
nella società odierna la stupidità fosse
assurta a potere. Io non penso che sia la stupidità a manifestare il
potere, penso invece che sia l’intelligenza di alcuni a manovrare la stupidità
di molti per fare in modo che restino in un oblìo affatto pericoloso. Ma del
resto lo dicevano già gli antichi romani: panem
et circenses, e vai col liscio!
Comunque, a parte queste
considerazioni spicciole e personali, a me Numero
Zero è piaciuto: l’ho letto in una volata con piacere e con rabbia. Indubbiamente
lo stile è diverso dai precedenti, lontanissimo da Il nome della rosa e dai saggi più famosi, ma la qualità dello
scrivere, sia pure in tono più leggero, è sempre eccelsa.
Di Eco, oltre a Il nome della rosa ho adorato alcuni
libri: le Sei passeggiate, La struttura assente, Sulla letteratura; non me ne sono
piaciuti altri: Il pendolo di Foucault,
Il cimitero di Praga; qualcuno non
sono riuscito neanche a finirlo: La
misteriosa fiamma eccetera eccetera, Baudolino.
Ora aspettiamo il prossimo.
Il Lettore
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