Ed ecco il romanzo che
aspettavo con ansia dopo che ero rimasto sulle spine, leggendo In fondo al tuo cuore, per la curiosità
di sapere come sarebbe andata a finire la nascente relazione tra Enrica e Manfred. Continuerà Enrica a struggersi dell’amore impossibile per Luigi o si rassegnerà a una vita senza
passione con questo nuovo spasimante che mostra di volerle bene?
Detta così sembra una telenovela… ma del resto gli ingredienti di una storia che ci
appassiona sono sempre quelli, più o meno, e dipende da chi la scrive il combinarli
in modo da stringerti alla gola e condurti dove vuole senza possibilità alcuna
di liberarti fino alla risoluzione.
E in questo Maurizio De Giovanni ha dimostrato di
essere un vero professionista.
Anime
di vetro, dal sottotitolo Falene per il commissario Ricciardi
(vedi più avanti la nota sul riferimento musicale), è proprio il romanzo che ci
si sarebbe aspettati visto il trend
delle ultime puntate della saga del commissario Luigi Alfredo Ricciardi: una risoluzione (ma sarà poi quella
definitiva?) degli interrogativi nati e proseguiti nel corso di diversi romanzi
sulle vicissitudini del gruppo di protagonisti.
E proprio su questo è
incentrata la gran parte del romanzo che, anche se il filo conduttore giallo
non manca, più che un poliziesco è uno sviscerare le profondità degli animi, il
rivelare e il rivelarsi, il portare a compimento (forse) vicende iniziate
qualche puntata prima, compreso un approfondimento della situazione politica
italiana e internazionale con l’ingresso nel gioco della polizia segreta
fascista e delle sue relazioni con la nobiltà dell’epoca.
Pur soccombendo alla relativa
scomodità di leggerlo sul mio telefono l’ho letteralmente divorato,
ritrovandoci intatti tutti gli ingredienti
ai quali De Giovanni (qui vedi tutti i post su di lui) ci aveva abituato in
passato e gustandone la prosecuzione. Solito stile appagante, compresi i
capitoli costituiti interamente dai pensieri dei diversi personaggi che si
succedono l’uno all’altro senza specificare chi è che sta provando quei
pensieri ma lasciandolo solamente intuire al lettore, pensieri che spesso
iniziano tutti con la stessa frase o con concetti antitetici (es. Pensava di amarlo… Pensava di odiarlo…)
e che rivelano il modo di ragionare più profondo di ognuno, compreso
l’assassino di turno.
Piacevole e suggestivo anche
questa volta l’intercalare del riferimento musicale, dal contenuto strettamente
legato al tema portante del libro, quella fragilità dell’anima così ben
rappresentata nel 1906 nella canzone Palomma
‘e notte, scritta da Salvatore di
Giacomo e musicata da Francesco Buongiovanni;
intercalare che sottolinea l’importanza del contenuto di una storia e del
comprenderlo appieno per saperla poi raccontare agli altri.
Devo dire che ho apprezzato
l’onestà dell’autore, ma ho provato anche un pizzico di delusione leggendo la
chiosa dei ringraziamenti, nella quale De Giovanni non è reticente
nell’ammettere come questo libro, così come gli altri, sia stato frutto del
lavoro combinato di un intero pool di
professionisti: oltre a lui ci hanno lavorato sopra ben quattordici altre persone nel definire la struttura dei personaggi,
la trama, l’ambientazione, la ricostruzione storica eccetera, e se questo non
toglie nulla al valore dell’opera, d’altra parte provoca un certo disinganno,
distruggendo l’aura affascinante dell’autore solitario e sostituendola con la
concretezza di un professionale e asettico lavoro di squadra.
Ho letto in rete della
possibilità per il prossimo anno di una fiction
televisiva incentrata sulle
avventure del commissario Ricciardi. Nel caso, di sicuro una puntata proverò
anche a guardarla, solo per la curiosità di poterne valutare la realizzazione:
la mia esperienza personale è che Zingaretti mi fa addormentare dopo una
mezzora, mentre con Timi e i vecchietti del bar Lume dormo dopo nemmeno cinque
minuti, quindi…
Il romanzo lascia comunque un
finale aperto ad eventuali prosecuzioni, ma personalmente mi auguro che un
prossimo romanzo con Ricciardi non ci
sia: sospetto che il proseguimento delle vicende di Enrica e Luigi possa
diventare scontato e deludente, e forse sarebbe meglio lasciar finire tutto
così, nel vago, con migliaia di possibili soluzioni diverse nella fantasia di
ognuno dei lettori di questa saga.
Il Lettore
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