venerdì 21 agosto 2015

Anime di vetro

Ed ecco il romanzo che aspettavo con ansia dopo che ero rimasto sulle spine, leggendo In fondo al tuo cuore, per la curiosità di sapere come sarebbe andata a finire la nascente relazione tra Enrica e Manfred. Continuerà Enrica a struggersi dell’amore impossibile per Luigi o si rassegnerà a una vita senza passione con questo nuovo spasimante che mostra di volerle bene?
Detta così sembra una telenovela… ma del resto gli ingredienti di una storia che ci appassiona sono sempre quelli, più o meno, e dipende da chi la scrive il combinarli in modo da stringerti alla gola e condurti dove vuole senza possibilità alcuna di liberarti fino alla risoluzione.
E in questo Maurizio De Giovanni ha dimostrato di essere un vero professionista.




Anime di vetro, dal sottotitolo Falene per il commissario Ricciardi (vedi più avanti la nota sul riferimento musicale), è proprio il romanzo che ci si sarebbe aspettati visto il trend delle ultime puntate della saga del commissario Luigi Alfredo Ricciardi: una risoluzione (ma sarà poi quella definitiva?) degli interrogativi nati e proseguiti nel corso di diversi romanzi sulle vicissitudini del gruppo di protagonisti.
E proprio su questo è incentrata la gran parte del romanzo che, anche se il filo conduttore giallo non manca, più che un poliziesco è uno sviscerare le profondità degli animi, il rivelare e il rivelarsi, il portare a compimento (forse) vicende iniziate qualche puntata prima, compreso un approfondimento della situazione politica italiana e internazionale con l’ingresso nel gioco della polizia segreta fascista e delle sue relazioni con la nobiltà dell’epoca.
Pur soccombendo alla relativa scomodità di leggerlo sul mio telefono l’ho letteralmente divorato, ritrovandoci intatti tutti gli ingredienti ai quali De Giovanni (qui vedi tutti i post su di lui) ci aveva abituato in passato e gustandone la prosecuzione. Solito stile appagante, compresi i capitoli costituiti interamente dai pensieri dei diversi personaggi che si succedono l’uno all’altro senza specificare chi è che sta provando quei pensieri ma lasciandolo solamente intuire al lettore, pensieri che spesso iniziano tutti con la stessa frase o con concetti antitetici (es. Pensava di amarlo… Pensava di odiarlo…) e che rivelano il modo di ragionare più profondo di ognuno, compreso l’assassino di turno.
Piacevole e suggestivo anche questa volta l’intercalare del riferimento musicale, dal contenuto strettamente legato al tema portante del libro, quella fragilità dell’anima così ben rappresentata nel 1906 nella canzone Palomma ‘e notte, scritta da Salvatore di Giacomo e musicata da Francesco Buongiovanni; intercalare che sottolinea l’importanza del contenuto di una storia e del comprenderlo appieno per saperla poi raccontare agli altri.
Devo dire che ho apprezzato l’onestà dell’autore, ma ho provato anche un pizzico di delusione leggendo la chiosa dei ringraziamenti, nella quale De Giovanni non è reticente nell’ammettere come questo libro, così come gli altri, sia stato frutto del lavoro combinato di un intero pool di professionisti: oltre a lui ci hanno lavorato sopra ben quattordici altre persone nel definire la struttura dei personaggi, la trama, l’ambientazione, la ricostruzione storica eccetera, e se questo non toglie nulla al valore dell’opera, d’altra parte provoca un certo disinganno, distruggendo l’aura affascinante dell’autore solitario e sostituendola con la concretezza di un professionale e asettico lavoro di squadra.
Ho letto in rete della possibilità per il prossimo anno di una fiction televisiva incentrata sulle avventure del commissario Ricciardi. Nel caso, di sicuro una puntata proverò anche a guardarla, solo per la curiosità di poterne valutare la realizzazione: la mia esperienza personale è che Zingaretti mi fa addormentare dopo una mezzora, mentre con Timi e i vecchietti del bar Lume dormo dopo nemmeno cinque minuti, quindi…
Il romanzo lascia comunque un finale aperto ad eventuali prosecuzioni, ma personalmente mi auguro che un prossimo romanzo con Ricciardi non ci sia: sospetto che il proseguimento delle vicende di Enrica e Luigi possa diventare scontato e deludente, e forse sarebbe meglio lasciar finire tutto così, nel vago, con migliaia di possibili soluzioni diverse nella fantasia di ognuno dei lettori di questa saga.
Il Lettore

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