sabato 15 agosto 2015

Il danno

Questo è un libro che mi ha lasciato molto perplesso. Non posso dire che mi è piaciuto perché non sarebbe vero, ma non posso dire nemmeno che è un romanzo totalmente brutto. Quando è uscito nel 1999 è diventato subito un caso letterario e ne hanno tratto un film con Jeremy Irons e quella pera cotta di Juliette Binoche (perdonatemi, ma per quanto possa recitare in modo magistrale questa donna mi dà sempre un’impressione melensa e stucchevole), e le recensioni lo hanno inneggiato a capolavoro lodandone la prosa superlativa e la capacità di imbrigliare da subito e condurre il lettore a uno stato profondo di turbamento.
A posteriori penso che abbiano leggermente esagerato, o forse si sono lasciati irretire da una copertina sì conturbante, ma palesemente fuori tema: il grafico ha sfruttato un aspetto del tutto secondario del rapporto fra i protagonisti per muovere nel potenziale acquirente le leve erotiche del sesso più eccitante, che nel romanzo è poco più che lasciato immaginare, e spingerlo a portarsi a casa la sua copia.




Il romanzo di Josephine Hart ricalca la solita trama del cinquantenne che si rincoglionisce per una passera trentenne che lo contraccambia con passione, ma il loro intenso rapporto è leggermente complicato dal fatto che lei è la fidanzata (anche se un po’ più grande) del figlio di lui. E scusa se è poco. Il protagonista è un uomo freddo e calcolatore, del tutto arrivato sia in campo medico che politico ma arido di sentimenti, mentre lei è una donna segnata da un passato tragico, un carattere complesso e misterioso ma libero e deciso, che nel corso del libro si rivelerà ancora più calcolatrice di lui.
Tra i due scocca fin dal primo incontro una passione incontrollabile fatta di comprensioni reciproche con un solo sguardo (che nella realtà neanche se ve lo spiegate per iscritto con tanto di piantina), di una complicità che neanche Bonnie and Clyde e di torbidi incontri sessuali, fino a che…  come al solito mi dovrete scusare perché non posso entrare in particolari che vi toglierebbero il gusto della lettura. Posso solo anticiparvi che la storia terminerà in tragedia, e la Hart è stata brava nel delineare gli antefatti, i contorni e le motivazioni del dramma costruendo pagine dense di pathos e conferendo ai protagonisti aspetti caratteriali profondi e intriganti. E di sicuro il concetto su cui si basa anche il titolo del libro, quello che la protagonista Anna Barton spiega con queste parole: “Ho subito un danno. Le persone danneggiate sono pericolose. Sanno di poter sopravvivere... È la sopravvivenza che le rende tali... perché non hanno pietà. Sanno che gli altri possono sopravvivere, come loro.” è meritevole di una riflessione.
Ciò che invece non mi è piaciuto (oltre alla scelta del nome del protagonista, Stephen, che non può non far pensare al Sir Stephen di Histoire d’O) è lo stile, soprattutto all’inizio del libro, con cui l’autrice ha alternato capitoli abbastanza appaganti a capitoli tirati via, brevi al punto da farli sembrare trasandati come se si fosse stufata e non avesse visto l’ora di mettersi a creare una scena diversa. Devo dire che andando avanti nella lettura quest’impressione si attenua e lo stile comincia a migliorare fino a essere più omogeneo consentendo all’interesse di crescere, ma le prime pagine mi hanno fatto veramente venire voglia di piantarlo lì.
Un’altra cosa a parer mio criticabile è il far parlare il protagonista maschile in prima persona. Quando un’autrice si cala in una personalità maschile (ma è vero anche il contrario) facendola narrare in prima persona, cade immancabilmente nel farle esternare affermazioni che a un uomo non sarebbero mai passate per la testa, come il descrivere i soprammobili di un salotto (nella realtà maschile: perché, c’erano dei soprammobili?), il particolareggiare qualità e colore delle stoffe dei divani (sì, era abbastanza comodo…), o criticare le scelte per il vestiario dei figli (plissé cosa? Laura Ashley chi?). Ora, è impossibile che una lettrice donna (essendo donna) si possa rendere conto di queste cose, ma un uomo se ne accorge eccome! Tant’è vero che la stragrande maggioranza delle recensioni che parlano bene di questo libro sono tutte scritte da donne… Via, gentili fanciulle, non mi assalite, ho già detto che la stessa cosa succede quando un autore maschio tenta di immedesimarsi in un io narrante femmina…
Nel complesso è uno di quei libri che non mi sono piaciuti e che ritengo nettamente sopravvalutati, ma sono comunque contento di averlo letto perché sparsi qua e là ci ho trovato diversi spunti interessanti. E guarda caso, la Hart non è più riuscita a scrivere un altro romanzo che sia riuscito ad avvicinarsi nemmeno lontanamente al successo di questo.
Ci sarà un qualche motivo particolare?
Il Lettore

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