Questo librettino di Antonio Menna – poco più di
centosettanta pagine in formato ridotto – al termine della lettura mi ha
lasciato veramente depresso.
Ma attenzione! Non perché faccia schifo, anzi, l’ho terminato in un
lampo e si legge davvero bene, quanto perché Menna adopera la forma del romanzo
per spiattellarti una serie di verità sulle magagne del nostro paese da farti
venire seriamente la voglia di espatriare.
Il plot l’abbiamo già visto: un giovane
ricercatore geniale inventa un nuovo tipo di computer rivoluzionario aiutato da un amico, poi tenta di
commercializzarlo eccetera eccetera. Esattamente ciò che ha fatto Steve Jobs a Cupertino, e il seguito,
la Apple, sappiamo tutti ciò che
significa (se vi interessasse la biografia di Jobs, l’ho recensita qui).
Solo che stavolta i
protagonisti del romanzo, Stefano Lavori
(Steve Jobs) e Stefano Vozzini
(Steve Voznjak), creano il loro elaboratore in un garage di Napoli, e quella
che sarebbe potuta essere la Mela
cambia strada, si modifica, precipita in un baratro dal quale non riuscirà a
risalire e neanche alla fine, quando un’ulteriore geniale invenzione infonderà
una flebile speranza nei protagonisti, si riesce a vedere un pizzico di
positività nel mare di amarezza e delusione in cui stiamo affogando.
Dite che l’ho fatta un po’
troppo pessimistica?
D’altra parte è così. Non
basta essere un genio per poter ricevere gli onori che si meritano, ma servono
anche una serie di circostanze fortuite quanto si vuole, non ultima quella di
nascere nel posto giusto. Qui siamo in Italia – a volte, purtroppo, mi viene da
dire: “purtroppo” – e a Napoli, e i due Stefani si trovano a dover fare i conti
con la povertà, la camorra, i carabinieri, i commercialisti, le tasse, le leggi
italiane, la corruzione, le tasse (l’ho già detto?), la camera di commercio,
l’ispettorato del lavoro, le tangenti, l’inail, e ancora le tasse, la polizia
municipale, l’enel, gli assicuratori, i nas, la guardia di finanza, l’inps, i
bolli, la telecom, i ragionieri, gli avvocati, equitalia, i delinquenti, l’iva,
gli squali e, non ultime, le tasse. Non a caso ho messo tutto minuscolo.
E ciò che avrebbe potuto
essere un’idea formidabile non solo si risolve in un nulla di fatto, ma fa
anche rischiare i protagonisti di perdere ben più delle proprie idee.
Un’invenzione ironica e
geniale, questa di Antonio Menna, un
romanzetto amarissimo che spesso lascia filtrare un sorriso storto per le
situazioni paradossali in cui incappano i protagonisti, che sono mostrate con
quel disincanto e quell’autocritica di cui, a parte tutto, qualche italiano è
ancora capace.
Mi verrebbe da continuare,
ma dal momento che così facendo questo post
si trasformerebbe in uno sfogo contro l’infinità di cose sbagliate che
caratterizzano quello che sarebbe potuto essere il più bel paese del mondo, la
pianto qui. Riflettete, gente, riflettete.
Think
different!
Il Lettore amareggiato
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