lunedì 2 febbraio 2015

Se Steve Jobs fosse nato a Napoli

Questo librettino di Antonio Menna – poco più di centosettanta pagine in formato ridotto – al termine della lettura mi ha lasciato veramente depresso.
Ma attenzione! Non perché faccia schifo, anzi, l’ho terminato in un lampo e si legge davvero bene, quanto perché Menna adopera la forma del romanzo per spiattellarti una serie di verità sulle magagne del nostro paese da farti venire seriamente la voglia di espatriare.




Il plot l’abbiamo già visto: un giovane ricercatore geniale inventa un nuovo tipo di computer rivoluzionario aiutato da un amico, poi tenta di commercializzarlo eccetera eccetera. Esattamente ciò che ha fatto Steve Jobs a Cupertino, e il seguito, la Apple, sappiamo tutti ciò che significa (se vi interessasse la biografia di Jobs, l’ho recensita qui).
Solo che stavolta i protagonisti del romanzo, Stefano Lavori (Steve Jobs) e Stefano Vozzini (Steve Voznjak), creano il loro elaboratore in un garage di Napoli, e quella che sarebbe potuta essere la Mela cambia strada, si modifica, precipita in un baratro dal quale non riuscirà a risalire e neanche alla fine, quando un’ulteriore geniale invenzione infonderà una flebile speranza nei protagonisti, si riesce a vedere un pizzico di positività nel mare di amarezza e delusione in cui stiamo affogando.
Dite che l’ho fatta un po’ troppo pessimistica?
D’altra parte è così. Non basta essere un genio per poter ricevere gli onori che si meritano, ma servono anche una serie di circostanze fortuite quanto si vuole, non ultima quella di nascere nel posto giusto. Qui siamo in Italia – a volte, purtroppo, mi viene da dire: “purtroppo” – e a Napoli, e i due Stefani si trovano a dover fare i conti con la povertà, la camorra, i carabinieri, i commercialisti, le tasse, le leggi italiane, la corruzione, le tasse (l’ho già detto?), la camera di commercio, l’ispettorato del lavoro, le tangenti, l’inail, e ancora le tasse, la polizia municipale, l’enel, gli assicuratori, i nas, la guardia di finanza, l’inps, i bolli, la telecom, i ragionieri, gli avvocati, equitalia, i delinquenti, l’iva, gli squali e, non ultime, le tasse. Non a caso ho messo tutto minuscolo.
E ciò che avrebbe potuto essere un’idea formidabile non solo si risolve in un nulla di fatto, ma fa anche rischiare i protagonisti di perdere ben più delle proprie idee.
Un’invenzione ironica e geniale, questa di Antonio Menna, un romanzetto amarissimo che spesso lascia filtrare un sorriso storto per le situazioni paradossali in cui incappano i protagonisti, che sono mostrate con quel disincanto e quell’autocritica di cui, a parte tutto, qualche italiano è ancora capace.
Mi verrebbe da continuare, ma dal momento che così facendo questo post si trasformerebbe in uno sfogo contro l’infinità di cose sbagliate che caratterizzano quello che sarebbe potuto essere il più bel paese del mondo, la pianto qui. Riflettete, gente, riflettete.
Think different!
Il Lettore amareggiato

Nessun commento:

Posta un commento