lunedì 14 aprile 2014

Il più grande uomo scimmia del Pleistocene

L’altra sera, al circolo di letture di cui faccio parte, ho portato un dialogo tratto da Il più grande uomo scimmia del Pleistocene, di Roy Lewis: la chiacchierata è tra una donna neanderthaliana e l’homo sapiens che l’ha inseguita per dodici giorni a chiaro scopo di libidine, e dimostra chiaramente come fin dagli albori della preistoria sia sempre stata la donna a decidere dove, come e per quanto tempo essere inseguita, e soprattutto da chi, e quale sia il momento giusto per essere raggiunta.


Ho sempre pensato che la fine del Pleistocene sia stato un buon periodo per viverci: natura incontaminata, aria salubre, cibo abbondante e soprattutto poca gente in giro. Tutt’al più si doveva fare attenzione a non incocciare in qualche tigre dai denti a sciabola. Ho anche pensato di ambientarci un qualche racconto, e non è detta che prima o poi non mi metta a scriverlo.
Roy Lewis l’ha fatto, e il suo libro è diventato subito un cult book grazie alle situazioni comiche che vi sono state inserite: “Il libro che avete tra le mani è uno dei più divertenti degli ultimi cinquecentomila anni” esordisce la prefazione, e in effetti le avventure del protagonista e della sua famiglia sono piacevoli, spiritose e fanno sorridere spesso, anche se non è che siano talmente esilaranti da rotolarsi in terra come promesso.
Chi narra la vicenda è il figlio di colui che è considerato Il più grande uomo scimmia del Pleistocene, e nel corso del romanzo il figlio racconta il perché a suo padre sia stato conferito questo titolo. Si scopre così che questo homo di ingegno  è stato colui che è ha scoperto, tra le altre cose, il fuoco, la lancia e il matrimonio, e ha fornito al mondo il famoso precetto: “cucinare senza essere cucinati e mangiare senza essere mangiati” che sembra sia valido ancora oggi e non solo tra le popolazioni antropofaghe.
Il messaggio nascosto nel libro è invece quello sul confronto tra l’uomo e la scienza, il pensiero e la tecnologia, tema che era molto sentito dagli scrittori statunitensi a cavallo degli anni ’60, quando è stato scritto il romanzo, in piena guerra fredda e conseguente incubo nucleare. Attraverso una serie di episodi e situazioni Lewis opera un confronto, talora con risvolti anacronistici, tra la situazione della sua epoca e i problemi quotidiani degli ominidi, facendo sorridere con uno sguardo sempre rivolto ad un domani incerto.
Un romanzo piacevole ancora oggi, magari non proprio comico come promette la pubblicità ma divertente e scorrevole, che tratta dell’evoluzione da un punto di vista leggermente differente dal consueto.
Chissà perché Roy Lewis, dapprima economista e quindi giornalista, ha scritto solo questo romanzo limitandosi poi solamente ad una produzione narrativa limitata a qualche racconto. I grandi misteri degli scrittori… (chi è che ha nominato Salinger?).
Il Lettore 

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