Michelangelo
Buonarroti amava la
scultura e non era attratto dalla pittura; in un ambiente esteriormente
omofobico amava gli uomini e le donne non lo interessavano; la sua formazione,
supervisionata da Marsilio Ficino e Pico della Mirandola, aveva instillato in
lui un sapere non comune e una profonda conoscenza dell’ebraismo; non
condivideva affatto la politica vaticana dell’epoca e Papa Giulio II gli stava
anche un po’ sul cazzo.
Nonostante ciò ha accettato
l’incarico di dipingere quello che poi è diventato uno degli affreschi più famosi al mondo, se non il più famoso, sulla
base di una committenza che avrebbe voluto sul soffitto della Cappella Sistina una glorificazione e
del Cristo e della famiglia di Giulio II, i Della Rovere.
Ma la sua genialità gli ha
permesso di realizzare tutt’altra cosa,
riuscendo perfino a non farsi giustiziare al termine dei lavori.
È ciò che emerge dalla
lettura di questo libro veramente interessante, teso come un giallo d’azione e
dall’impostazione in crescendo, scritto da Roy
Doliner, storico dell’arte e guida vaticana, e Benjamin Blech, rabbino esperto di Talmud, dall’esplicativo
sottotitolo: Il messaggio proibito di
Michelangelo.
L’enorme affresco di 1100
metri quadri avrebbe dovuto rappresentare una glorificazione del Cristo, ma
allora perché sul soffitto della Sistina non
si individua nemmeno un personaggio del Nuovo Testamento?
Non solo, perché non c’è nemmeno una
figura cristiana ma solo personaggi
biblici? Perché l’Albero della Conoscenza è un fico, e non un melo? E perché Eva nasce dal fianco di Adamo e non da una costola? Perché vi è disegnata per ben due volte una mano con il
pollice infilato tra l’indice e il medio, atteggiamento che è l’equivalente
cinquecentesco dell’odierno dito medio che fuoriesce eretto dal pugno chiuso? E
come è riuscito Michelangelo a scampare agli anatemi di un Papa più che
irascibile dopo aver rappresentato il profeta
Zaccaria nel punto esatto dove Giulio II aveva ordinato invece ci fosse la
figura del Cristo?
Le risposte a questi
interrogativi le forniscono i due autori anche sulla luce dei recenti restauri dell’opera che hanno permesso
la scoperta di molti particolari nascosti dalla patina del tempo, come i cerchi
gialli sulle tuniche di alcuni personaggi, ricamate su ordine della Chiesa a
testimoniare la loro origine ebraica, e tutte le spiegazioni portano a
concludere come, in spregio agli ordini ricevuti, Michelangelo abbia voluto
dipingere non una semplice glorificazione del Cristo, ma un inno al neoplatonismo e alla fratellanza universale, nonché un
incitamento alla riunificazione di
tutte le religioni e una denuncia della corruzione dilagante nell’ambiente
clericale. E ciò sulla base del suo alto grado di erudizione derivante
dall’aver studiato sotto le due massime menti dell’epoca, che gli hanno anche
impartito la conoscenza della cultura ebraica sulla quale l’artista ha
impostato tutto l’affresco.
Ad una lettura critica alcune
delle interpretazioni degli autori appaiono un po’ forzate e di non così facile
comprensione (della serie: su tutto bisogna fare un po’ di tara, soprattutto
sulle affermazioni di studiosi dichiaratamente di parte), ma nella maggior
parte delle situazioni ci si domanda come nessuno sia riuscito a capire prima quale fosse il vero scopo del
pittore e com’è possibile che non sia stato smascherato per cinque secoli.
Questo perché Michelangelo
ha dipinto impostando le immagini su tre
livelli di lettura: il più immediato è quello fruibile dal volgo
“ignorante”, l’apparenza che soddisfa l’occhio, e propone un affresco tra i più
belli che ci siano al mondo con scene che illustrano i più eclatanti episodi
biblici. Il secondo livello di lettura è stato concepito per le persone colte,
quelle che sanno cogliere il messaggio simbolico inserito in ogni immagine del
dipinto e conoscono la storia e i significati esteriori delle allegorie. Il
livello superiore è quello riservato ad uso esclusivo degli “iniziati”, cioè
coloro che condividendo il pensiero di Michelangelo conoscono anche i risvolti nascosti
dei messaggi trasmessi dal genio fiorentino. I 22 metri di altezza del dipinto da
terra e la scarsa illuminazione dell’epoca hanno fatto il resto.
Un esempio tra tanti: la
conoscenza dell’anatomia umana è stata molto carente fino al secolo scorso,
anche a causa del divieto imposto dalla Chiesa di sezionare cadaveri (cosa che
scienziati ed artisti facevano di nascosto). È per questo motivo che è stato
solo pochi anni fa che il chirurgo statunitense Frank Mershberger si è accorto, nel corso di una sua visita alla
Sistina, che uno dei suoi pannelli più famosi, quello di Dio nell’atto di
infondere il soffio vitale in Adamo, non è altro che l’esatta rappresentazione
della sezione dell’emisfero destro del cervello
umano:
(tratto
da: www.debernardis.it)
All’epoca, anche le persone
colte del clero non avrebbero saputo
interpretare questo disegno (se qualcuno ci fosse riuscito, Michelangelo
sarebbe stato bruciato in Campo dei Fiori), cosa che invece sarebbe risultata
facile a tutti coloro con cui Michelangelo condivideva un sapere che andava
oltre gli insegnamenti canonici.
E così via con la sagoma di
alcune delle figure rappresentate che ricalca la forma delle lettere
dell’alfabeto ebraico, o con le braccia e le gambe del serpente tentatore,
delle quali la Bibbia cristiana non fa cenno, ma che invece sono descritte nei
testi ebraici.
Per non parlare delle
anticipazioni futuristiche: tutti pensano che sia stato Georges-Pierre Seurat a introdurre il pointillisme, ma se si va a guardare da vicino il volto della
Madonna nel Giudizio Universale, dipinto da Michelangelo 22 anni dopo la volta,
ci si accorge che è stato realizzato con la tecnica del puntinato…
Ho visitato la Cappella
Sistina nel lontano 1991 e ricordo ancora di essere rimasto impressionato
soprattutto dalla sensazione di tridimensionalità dei dipinti che sembravano
voler fuoriuscire da un soffitto lontano e protendersi verso di te, e mi
immagino quale meraviglia debbano essere oggi dopo il restauro. E ancora di più
alla luce delle informazioni tratte da questo saggio.
Due pecche per un libro
così interessante: ci sono parecchi refusi, cosa che da Rizzoli uno non si
aspetterebbe, e le immagini in bianco e nero sono penalizzate dalla cattiva
qualità di stampa (perlomeno c'è l'inserto a colori su carta patinata). Per il resto, è assolutamente consigliato a tutti coloro che
si interessano di storia, di pittura o di religione.
E scusa se è poco.
Il Lettore
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