mercoledì 16 aprile 2014

I segreti della Sistina

Michelangelo Buonarroti amava la scultura e non era attratto dalla pittura; in un ambiente esteriormente omofobico amava gli uomini e le donne non lo interessavano; la sua formazione, supervisionata da Marsilio Ficino e Pico della Mirandola, aveva instillato in lui un sapere non comune e una profonda conoscenza dell’ebraismo; non condivideva affatto la politica vaticana dell’epoca e Papa Giulio II gli stava anche un po’ sul cazzo.
Nonostante ciò ha accettato l’incarico di dipingere quello che poi è diventato uno degli affreschi più famosi al mondo, se non il più famoso, sulla base di una committenza che avrebbe voluto sul soffitto della Cappella Sistina una glorificazione e del Cristo e della famiglia di Giulio II, i Della Rovere.

Ma la sua genialità gli ha permesso di realizzare tutt’altra cosa, riuscendo perfino a non farsi giustiziare al termine dei lavori.


È ciò che emerge dalla lettura di questo libro veramente interessante, teso come un giallo d’azione e dall’impostazione in crescendo, scritto da Roy Doliner, storico dell’arte e guida vaticana, e Benjamin Blech, rabbino esperto di Talmud, dall’esplicativo sottotitolo: Il messaggio proibito di Michelangelo.
L’enorme affresco di 1100 metri quadri avrebbe dovuto rappresentare una glorificazione del Cristo, ma allora perché sul soffitto della Sistina non si individua nemmeno un personaggio del Nuovo Testamento? Non solo, perché non c’è nemmeno una figura cristiana ma solo personaggi biblici? Perché l’Albero della Conoscenza è un fico, e non un melo? E perché Eva nasce dal fianco di Adamo e non da una costola? Perché vi è disegnata per ben due volte una mano con il pollice infilato tra l’indice e il medio, atteggiamento che è l’equivalente cinquecentesco dell’odierno dito medio che fuoriesce eretto dal pugno chiuso? E come è riuscito Michelangelo a scampare agli anatemi di un Papa più che irascibile dopo aver rappresentato il profeta Zaccaria nel punto esatto dove Giulio II aveva ordinato invece ci fosse la figura del Cristo?
Le risposte a questi interrogativi le forniscono i due autori anche sulla luce dei recenti restauri dell’opera che hanno permesso la scoperta di molti particolari nascosti dalla patina del tempo, come i cerchi gialli sulle tuniche di alcuni personaggi, ricamate su ordine della Chiesa a testimoniare la loro origine ebraica, e tutte le spiegazioni portano a concludere come, in spregio agli ordini ricevuti, Michelangelo abbia voluto dipingere non una semplice glorificazione del Cristo, ma un inno al neoplatonismo e alla fratellanza universale, nonché un incitamento alla riunificazione di tutte le religioni e una denuncia della corruzione dilagante nell’ambiente clericale. E ciò sulla base del suo alto grado di erudizione derivante dall’aver studiato sotto le due massime menti dell’epoca, che gli hanno anche impartito la conoscenza della cultura ebraica sulla quale l’artista ha impostato tutto l’affresco.
Ad una lettura critica alcune delle interpretazioni degli autori appaiono un po’ forzate e di non così facile comprensione (della serie: su tutto bisogna fare un po’ di tara, soprattutto sulle affermazioni di studiosi dichiaratamente di parte), ma nella maggior parte delle situazioni ci si domanda come nessuno sia riuscito a capire prima quale fosse il vero scopo del pittore e com’è possibile che non sia stato smascherato per cinque secoli.
Questo perché Michelangelo ha dipinto impostando le immagini su tre livelli di lettura: il più immediato è quello fruibile dal volgo “ignorante”, l’apparenza che soddisfa l’occhio, e propone un affresco tra i più belli che ci siano al mondo con scene che illustrano i più eclatanti episodi biblici. Il secondo livello di lettura è stato concepito per le persone colte, quelle che sanno cogliere il messaggio simbolico inserito in ogni immagine del dipinto e conoscono la storia e i significati esteriori delle allegorie. Il livello superiore è quello riservato ad uso esclusivo degli “iniziati”, cioè coloro che condividendo il pensiero di Michelangelo conoscono anche i risvolti nascosti dei messaggi trasmessi dal genio fiorentino. I 22 metri di altezza del dipinto da terra e la scarsa illuminazione dell’epoca hanno fatto il resto.
Un esempio tra tanti: la conoscenza dell’anatomia umana è stata molto carente fino al secolo scorso, anche a causa del divieto imposto dalla Chiesa di sezionare cadaveri (cosa che scienziati ed artisti facevano di nascosto). È per questo motivo che è stato solo pochi anni fa che il chirurgo statunitense Frank Mershberger si è accorto, nel corso di una sua visita alla Sistina, che uno dei suoi pannelli più famosi, quello di Dio nell’atto di infondere il soffio vitale in Adamo, non è altro che l’esatta rappresentazione della sezione dell’emisfero destro del cervello umano:


(tratto da: www.debernardis.it)

All’epoca, anche le persone colte del clero non avrebbero saputo interpretare questo disegno (se qualcuno ci fosse riuscito, Michelangelo sarebbe stato bruciato in Campo dei Fiori), cosa che invece sarebbe risultata facile a tutti coloro con cui Michelangelo condivideva un sapere che andava oltre gli insegnamenti canonici.

E così via con la sagoma di alcune delle figure rappresentate che ricalca la forma delle lettere dell’alfabeto ebraico, o con le braccia e le gambe del serpente tentatore, delle quali la Bibbia cristiana non fa cenno, ma che invece sono descritte nei testi ebraici.
Per non parlare delle anticipazioni futuristiche: tutti pensano che sia stato Georges-Pierre Seurat a introdurre il pointillisme, ma se si va a guardare da vicino il volto della Madonna nel Giudizio Universale, dipinto da Michelangelo 22 anni dopo la volta, ci si accorge che è stato realizzato con la tecnica del puntinato…
Ho visitato la Cappella Sistina nel lontano 1991 e ricordo ancora di essere rimasto impressionato soprattutto dalla sensazione di tridimensionalità dei dipinti che sembravano voler fuoriuscire da un soffitto lontano e protendersi verso di te, e mi immagino quale meraviglia debbano essere oggi dopo il restauro. E ancora di più alla luce delle informazioni tratte da questo saggio.
Due pecche per un libro così interessante: ci sono parecchi refusi, cosa che da Rizzoli uno non si aspetterebbe, e le immagini in bianco e nero sono penalizzate dalla cattiva qualità di stampa (perlomeno c'è l'inserto a colori su carta patinata). Per il resto, è assolutamente consigliato a tutti coloro che si interessano di storia, di pittura o di religione.
E scusa se è poco.
Il Lettore 

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