giovedì 12 luglio 2018

Il tatuatore


In primo luogo diciamo che già il titolo da un’indicazione sbagliata del contenuto: se con Il tatuatore si fornisce un’indicazione di massima del soggetto dell’azione, leggendo si riscontra che questo non c’entra proprio nulla con lo svolgersi del romanzo né c’è un effettivo “tatuatore” che possa ergersi a protagonista.
I tatuaggi sono i personaggi principali, questo è vero, ma tutt’al più tra i personaggi in carne e ossa vi sono “alcuni” tatuatori che assumono rilevanza ai fini dell’indagine di polizia e solo uno che marginalmente svolge l’azione del tatuare.
Ma naturalmente questo fa parte delle solite castronerie dell’editoria nostrana, perché il titolo originale, The tattoo thief, Il ladro di tatuaggi, era molto più attinente al tema della narrazione.
Qualcuno aveva paura che rivelasse troppo?



Paura ingiustificata, perché fin dal primo capitolo entra in scena questo ladro inconsueto che scuoia direttamente le sue vittime ancora prima di ucciderle per rubarne i tatuaggi che hanno sulla pelle.

Sangue da tutte le parti, crudeltà inutili, da ribrezzo. E giù i particolari di come interviene nella scuoiatura dei malcapitati e poi nella concia delle pelli per la conservazione. Non so come ho fatto a finirlo, vista la mia avversione per le esagerazioni in genere e per l’horror in particolare.
Che poi non è che sia neanche tutto questo gran che. Ha sì una scrittura accattivante, dal ritmo veloce e sufficientemente dotato di spunti che tengono desta l’attenzione, ma è anche pieno di esagerazioni e situazioni già viste che si capisce come siano messe lì solo per far colpo sul lettore senza stare tanto a badare all’originalità e alla plausibilità. Senza contare l’utilizzo di termini che mentre leggi ti fanno storcere il naso, come “spiazzale” al posto di “piazzale” o “spiazzo”. “Spiazzale” è un vocabolo che è stato adoperato dal 1200 al 1930 circa e che è rimasto solo nell’uso colloquiale di alcuni dialetti meridionali, ma che attualmente in fondo appare piuttosto arcaico. Ma questo può essere colpa della traduzione.
O il vizio di mettere frasi senza un verbo attivo: “Un’unica luce, proveniente da una lampadina rossa sul soffitto.” Sarebbe bastato sostituire con “Un’unica luce proveniva da una lampadina rossa sul soffitto” o qualcosa di simile. Anche questo può essere un fatto di traduzione, se non fosse che a qualcuno sembra tanto fico scrivere le frasi senza verbi.
Per non parlare della poca credibilità nel comportamento di molti personaggi e del mancato approfondimento di molti aspetti della loro evoluzione dei quali invece se ne avverte il bisogno.
In fondo si legge anche bene, se uno non sta lì a sottilizzare troppo e regge le scene splatter, ma se ne può fare benissimo a meno.
Il Lettore 

Nessun commento:

Posta un commento