“Quanti front men di gruppi del progressive
rock finiscono per formare
un’associazione che affronta i grandi temi internazionali?”, si chiede a
pagina 17 Daryl Easlea, l’autore di
questo libro, unendo l’oggetto del testo a personaggi del calibro di Nelson Mandela, Desmond Tutu, Jimmy Carter
e Kofi Annan.
E dal momento che il
sottotitolo esaurientemente esplicativo recita Vita e musica di Peter Gabriel, non ci sono dubbi a capire di chi si sta parlando. I lettori più
affezionati di questo blog già
conoscono il mio amore per il progressive
e per i Genesis in particolare, e capiranno
bene il perché, appena venuto a conoscenza di questa nuova uscita, non ho
potuto fare a meno di procurarmene una copia e leggerla bramoso, pur essendo
già a conoscenza dei fatti salienti della narrazione.
Questo perché già posseggo
quattro o cinque biografie dei Genesis
e altre due o tre del solo Peter Gabriel
e, per quanto si voglia rimescolare, i fatti delle loro vite quelli sono. Ma
c’è modo e modo di raccontarli.
Daryl
Easlea ripercorre tutta la
vita di Peter Brian Gabriel in modo
lineare e strettamente cronologico, dalla nascita ai tempi della Charterhouse –
in cui tutti i Cartusiani erano
sempre tragicamente indecisi se mettersi a piangere o masturbarsi –, dai primi
approcci con quelli che saranno i suoi compagni d’avventura ai primi tentativi
di diventare song writers, dalle iniziali
difficoltà al successo sofferto e meritato. Il primo terzo del volume è
dedicato interamente alla storia dei Genesis
e della loro musica insuperabile fino al momento in cui P.G. deciderà di separarsi dal resto del gruppo e proseguire da
solo per ragioni che sono ampiamente spiegate sia in questo libro che in molti
altri.
Dopodiché, lasciati i Genesis, Gabriel continua in solitaria
seguendo i suoi istinti e il suo modo di pensare, e Daryl
Easlea ci informa di tutti i dischi che ha pubblicato inserendo l’esegesi
di ogni singolo brano oltre a una ristretta biografia di tutti i musicisti che
vi hanno partecipato insieme ai loro rapporti con il nostro. Ci fa sapere delle
sue esplorazioni, oltre che nel prog,
nel rock, nel funky, nel punk e nella new wave per finire con l’amalgamarsi con
la world music e il dedicarsi anima e
corpo alle lotte per i diritti civili e umanitari.
Mentre leggevo non ho potuto
fare a meno, man mano che veniva nominato un pezzo, di andare a riguardarne il
video su Youtube (per questo sono in
ritardo sulle pubblicazioni…) e gustarmi di nuovo, oltre alla musica e agli show spettacolari, tutti i numerosissimi
cambiamenti intervenuti nella fisionomia di Gabriel in quasi cinquant’anni: da
efebica silfide dai lunghi capelli
scuri a nonnetto canuto e ben
piazzato con barbetta, pancetta e pochi capelli tagliati alla marine, passando per le maschere più
fantasiose e le incalcolabili trasformazioni. Ma nel mio immaginario resterà per
sempre congelato nell’aspetto che mostrava la prima volta che l’ho visto dal vivo a Firenze, nel novembre 1993,
nel tour di Secret World. E tutto sommato quella è stata una delle sue mise più “normali”.
Easlea ci racconta del
successo planetario, delle esibizioni con le innovazioni tecnologiche dovute in
gran parte al regista Robert Lepage:
doppi palchi circolari e quadrati al cui interno gli artisti scompaiono
inghiottiti da valigie che fanno accedere a botole, riprese con portable cam in diretta dal
palcoscenico, vestiti costellati di luci, enormi bolle gonfiabili dal cui
interno canta l’artista, smisurate calotte che vanno a nascondere l’intero
palco, protagonisti che cantano mentre pedalano su biciclette o appesi a testa
in giù a passerelle al di sopra del resto della band, gigantesche uova cosmiche
che calano dal soffitto, fino al sottolineare la poliedricità e l’inventiva di
un musicista eclettico, spinta fino al punto di abbandonare del tutto chitarre e batteria e affidarsi, anche nel memorabile
concerto al David Letterman Show, all’accompagnamento
di un’intera orchestra sinfonica.
Bel libro, straordinariamente
particolareggiato e con le testimonianze dirette di una miriade di persone che
indicano come l’autore abbia intervistato direttamente un mucchio di gente. Non
è esente da difetti: la copertina è francamente brutta, con quella tripletta triangolare del nostro in
differenti stadi di vita e carriera; vi sono tanti ma tanti refusi nella stampa
che indicano la mancanza di un’adeguata cura editoriale e dal mero punto di
vista del piacere di lettura risulterà anche leggermente noioso, proprio per la
consistente mole di informazioni, a tutti coloro (miseri) che non sono Genesisiani convinti e non conoscono
ancora tutti i fatti e personaggi di contorno alla vita dell’eroe.
Su Peter Gabriel potrei scrivere ancora per qualche giorno, ma adesso
l’ascolto di Solsbury Hill ci sta
proprio bene, fa allegria. Vi consiglio questa versione su Youtube, così avrete
modo di erudirvi sulle varie fasi della vita del nostro e sui suoi aspetti nel
corso dell’esistenza, e non solo, avrete una vaga idea di che cosa significava
assistere dal vivo a un concerto di questo artista dall’impareggiabile senso
dello spettacolo.
Il Lettore gabrielomane
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