Enrico
VIII d’Inghilterra è stato
uno dei monarchi più conosciuti e dibattuti di tutti i tempi. Secondo re della
dinastia Tudor e noto anche per aver dato vita alla Chiesa Anglicana (pur essendo sempre stato un fervente cattolico),
è diventato famoso soprattutto per aver avuto ben sei mogli, delle quali una è morta di parto, due le ha ripudiate,
due le fatte decapitare e solo
l’ultima gli è sopravvissuta.
All’epoca non si andava tanto
per il sottile, la parola femminicidio
non era ancora entrata nel dizionario, e in ogni caso un monarca detentore del potere assoluto poteva permettersi
qualsiasi nefandezza senza alcuna
conseguenza.
Questo ponderoso saggio
storico di Antonia Fraser non è un
pezzo di storia romanzata, è solamente storia,
senza alcun infiocchettamento, e per questo motivo non risulta facile da
leggere. La Fraser fornisce una quantità impressionante di notizie documentate
e un po’ per questo, un po’ per lo stile leggermente caotico e confusionario, un
po’ per la presenza di numerosissime note, la lettura non è che possa essere
considerata tutto questo gran piacere. E il fatto che badi quasi esclusivamente
ai fatti avvenuti e al gossip della
corte cinquecentesca le fa tralasciare l’introspezione psicologica delle donne
protagoniste.
Per fornire il maggior numero
di informazioni possibile l’autrice ha inserito una quantità di note numerate a fondo libro, e se
queste nel corso della lettura si possono tranquillamente saltare non è così
per tutte quelle a fondo pagina segnalate da asterischi. Perlomeno io non ci
riesco a ignorarle, e quindi la lettura ne risulta spezzettata.
Inoltre i periodi principali sono intercalati da
una miriade di subordinate che alle volte rendono difficile seguire il discorso
principale. Non solo, non so se per colpa della Fraser o dei traduttori,
qualche volta non si capisce proprio il senso di qualche frase. Una prova è
questo brano che si riferisce alle vicissitudini matrimoniali del Duca di Suffolk, amico devoto di
Enrico: “Per esempio, si era impegnato a
sposare una ragazza e l’aveva messa incinta, poi l’aveva abbandonata per
sposarne una zia di vent’anni più anziana, che aveva una grossa eredità, infine
aveva fatto annullare il matrimonio in base alla parentela tra zia e nipote e,
tenendosi il patrimonio della moglie, era tornato sui propri passi e aveva
sposato la prima fidanzata…”. Che cosa significhi “aveva fatto annullare il matrimonio in base alla parentela tra zia e
nipote” non è dato di capire e non lo sarà mai, al di là del sancire quanto
il nobile fosse un bastardo nato e
cresciuto.
Per questo motivo, dopo che
per cinque sere sono stato costretto
a rileggere le stesse tre pagine per
farmele rimanere in mente, ho interrotto
la lettura del libro senza essere arrivato nemmeno a metà, e nonostante mi
interessasse il venire a conoscenza dei motivi (presunti) per i quali qualcuna
delle mogli è stata mannaiata e qualcuna ripudiata.
Certo, reputo che sia oltremodo
interessante documentarsi sulla storia di chi ci ha preceduto, anche in tempi e
terre molto lontani dai nostri, ma a patto che chi ne scrive lo faccia in modo
intrigante oltre chiaro, in modo da rendere il tutto piacevole. Al liceo ho
avuto un professore di storia noiosissimo: sarà stato anche bravo, non lo metto
in dubbio, ma la noia non ti fa proprio appassionare a qualsiasi materia.
Il Lettore
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