Che cos’è un algoritmo? Secondo il Dizionario
Treccani, tra le altre cose, il termine “algoritmo” significa: 3. In logica matematica, qualsiasi
procedimento «effettivo» di computo di una funzione o di decisione di un
insieme (o predicato), cioè qualsiasi procedimento che consenta, con un numero
finito di passi eseguiti secondo un insieme finito di regole esplicite, di
ottenere il valore della funzione per un dato argomento, o di decidere se un
dato individuo appartiene all’insieme (o soddisfa il predicato).
In parole più facilmente
comprensibili, e stavolta in linguaggio informatico, un algoritmo sarebbe l’elenco
delle istruzioni da fornire ad a un elaboratore perché svolga un determinato
compito.
In questo saggio di Marco Malvaldi e Dino Leporini, dal sottotitolo L’eterna
lotta tra gli algoritmi e il caos, gli autori indagano su questo mondo
sconosciuto ai più, cercando di spiegare il perché i computer siano così tanto intelligenti ma ogni tanto incoccino in
delle cantonate disastrose.
La risposta è lapalissiana:
perché gli algoritmi li fanno gli uomini.
I computer sono solo macchinette stupide
che fanno quello che si dice loro di fare, e il loro pregio più grande è che non
sbagliano. Il problema sta nel dirgli esattamente
ciò che devono fare, e se non glielo dici in modo categorico e inequivocabile può
succedere che ti rispondano che domani devi rintanarti in casa perché pioverà
quando invece in realtà sarà una splendida giornata. O potrebbero non saper
prevedere delle immani crisi finanziarie, o potrebbero fare a gara tra di loro
senza alcun intervento umano con il risultato di spedire a livelli folli il
prezzo di un normalissimo libro messo all’asta in un sito di vendite.
Gli uomini sono fallaci, e i
programmatori né più né meno di tutti gli altri. In questo libretto piacevole
Malvaldi (stavolta nei panni del saggista) e Leporini cercano di spiegare la
difficoltà insita nel cercare di rendere traducibili in un linguaggio comprensibile
da un computer le sequenze di informazioni necessarie per risolvere i problemi
di un sistema complesso, come potrebbero essere la meteorologia o un ambiente
finanziario, per ottenere che quelle macchinette stupide diventino sempre più
precise e affidabili.
Compito per niente facile e
soggetto a infinite possibilità di errore, tanto è vero che una branca della
ricerca sta sondando proprio la possibilità di affidare l’incarico a quelle
stesse macchinette minimizzando così l’intervento umano.
Con il consueto humour i due
ricercatori espongono una panoramica di esempi dai quali emerge l’ardua
mansione e la strada ancora lunga da percorrere per arrivare ad una
intelligenza artificiale che sia abbastanza affidabile.
Perlomeno quanto basta da
permetterci di uscire con l’ombrello quando la macchinetta ci dice che domani
pioverà.
Il Lettore
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