venerdì 28 aprile 2017

Cade la terra

Sapete che cosa potrebbe abbreviare le possibili indecisioni di un aspirante suicida? Leggere questo libro. Nel senso che in un mondo come quello odierno in cui tutto sta andando a catafascio, in cui non c’è lavoro, la corruzione domina, la superficialità la fa da padrone, le ingiustizie sociali sono al massimo grado, il dilettantismo prende a pesci in faccia la professionalità, se a uno venisse la vaga idea di ammazzarsi e non pensare più a tutte queste nefandezze basta che prenda in mano questo romanzo, cominci a leggerlo e tutti i dubbi gli saranno chiariti: cercherà immediatamente una pistola e premerà il grilletto.




Mai letto un romanzo più triste, pessimista e deprimente di questo. Dall’ambientazione ai personaggi ci si trovasse una nota positiva. Molti commenti in rete ne parlano come di un romanzo magnifico (a parte tutti quelli, e non sono pochi, che l’hanno trovato noiosissimo e l’hanno abbandonato dopo venti pagine), ma sicuramente sono stati scritti da componenti della famiglia Addams.
C’è questo paese che sta franando pian pianino verso valle e c’è questa ragazza spiantata e spretata (nel senso che ha rinunciato alla carriera da suora) che decide di stabilirsi proprio lì finendo col fare da assistente a un ragazzino con evidenti problemi psicologici. Da qui essa stessa parte col raccontare un caleidoscopio di microstorie sugli abitanti del paese, tutte intrise di povertà, case che rovinano a valle, tragedia, case che franano, delusioni esistenziali, case abbandonate, miserie umane, case sventrate e riconquistate dalla vegetazione spontanea, morti ammazzati dalla vita e derelitti all’ultimo stadio. L’ho già detto che sta franando tutto?
Alla fine rimane solo lei, non si capisce bene se ancora viva o già morta anche lei, che decide di attorniarsi dei fantasmi degli ex abitanti (ma sì, facciamo una rimpatriata!) con i quali rimuginare sui “bei” tempi andati.
E c’è anche il rimpianto di non essere mai riuscita a portarsi a letto il ragazzino.
Carmen Pellegrino utilizza una scrittura ricercata, un lessico e una sintassi molto curati che danno un tocco poetico al tutto, ma dopo un po’ non ne puoi proprio più dell'indigenza, di case che franano e di tutta la gente che schiatta per incidenti sui campi o per errori medici o per semplice vecchiaia e speri che arrivi presto la fine, ma è proprio a questo punto che entrano in scena i fantasmi e comincia una tiritera di rimembranze in una parte finale interminabile, tedio e tristezza fusi insieme, tutta una riflessione chilometrica su cose già dette in precedenza che mi ha costretto a saltare a pié pari molti paragrafi pur di chiudere il volume e finalmente metterlo da parte.
Cercando di dimenticarlo il prima possibile insieme al nome dell’autrice. Vatti a fidare delle amiche che ti prestano i libri dicendo che li hanno trovati belli…
Il Lettore 

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