Ho scoperto che il primo
romanzo di Gianrico Carofiglio è già
entrato a far parte delle antologie
scolastiche a meno di quindici anni dalla sua prima edizione. L’altro
giorno ho sbirciato da dietro le spalle di mio figlio mentre stava studiando e
ho notato che era impegnato nella lettura di un brano di questo libro; il
giorno successivo, tornato da scuola, mi domanda se lo possedessimo, e alla mia
risposta positiva mi chiede se avesse potuto prestarlo a una sua compagna di
classe.
Orrore! Odio prestare i miei
libri, e se c’è una cosa infinitamente peggiore del prestarli a un amico è il
prestarli a una quindicenne
sconosciuta. Prestito uguale scomparsa definitiva. Ma come fai a dirgli di no?
Profondendomi in infinite raccomandazioni sulla speranza che tornasse indietro (probabilmente
del tutto inutili) ho tirato giù il volumetto dallo scaffale, ma visto che
ormai ce l’avevo in mano, e in una sorta di ultimo saluto prima di dirgli addio
definitivamente, ho detto al pargolo che prima di darlo alla sua amica avrebbe
dovuto aspettare almeno un giorno, e ho colto quell’ultima occasione per
rileggermelo.
In questo suo primo romanzo
Carofiglio ci fa fare conoscenza con il personaggio che lo ha portato al
successo: un avvocato penalista già demotivato e farfallone che viene
inaspettatamente piantato dalla moglie e cacciato da casa. Guido Guerrieri ne è distrutto, cade in depressione e comincia un
difficile percorso per cercare di ricostruire la sua vita.
Ci riuscirà anche
impegnandosi in tribunale a difendere un extracomunitario senegalese
dall’accusa di aver assassinato un bambino, basando la sua strategia difensiva
sulla differenza che esiste tra i concetti di “verità” e “verosimiglianza”,
Carofiglio descrive tutte le
fasi del dibattimento processuale nel corso di alcuni mesi intercalandole con
gli accadimenti personali della vita di Guerrieri: dalla riscoperta dell’amore
per il pugilato ai primi approcci con nuove figure femminili al risollevarsi
dopo la caduta, e scrive il tutto con un garbo accattivante coadiuvato anche
dalla narrazione in prima persona che consente una maggiore immedesimazione con
il protagonista. Il romanzo è piacevole e, a differenza della maggior parte
degli autori al loro esordio, il magistrato sa infondere interesse nel romanzo
fin dal primo capitolo, sviluppandolo poi alternando serietà e dibattimenti
processuali con tratti che alleggeriscono la narrazione. Poi, nei successivi
romanzi con lo stesso protagonista, Carofiglio si perderà un poco cercando di allungare il brodo con qualche
sciocchezza, ma in questo primo romanzo ancora non l’ha fatto.
Bene. Addio, Testimone inconsapevole, è stato
piacevole leggerti e possederti per qualche anno. E poi, chissà mai che le
raccomandazioni possano funzionare…
Il Lettore
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