L’altra sera sono andato alla
presentazione del libro di un amico che si svolgeva in un ristorante di quelli
con l’atmosfera giusta: salette
piccole con pareti rivestite da scaffalature piene di libri.
Visto che come al solito ero
in anticipo mi sono messo a curiosare tra i volumi e ho preferito cominciare a
leggere qualcosa invece di mischiarmi alle chiacchiere con gli altri. Qualcosa
di non particolarmente impegnativo, perché di lì a poco lo avrei dovuto
lasciare. Ho scelto questo L’amore del
bandito. Quando la presentazione del libro è iniziata ne avevo lette 30
pagine.
E dopo cena me lo sono
portato a casa (di nascosto): dovevo assolutamente sapere come andasse a
finire.
Perché la bravura di un
autore si vede anche e soprattutto da come riesce a incuriosirti fin dalle
prime pagine. Massimo Carlotto ci
riesce eccome, e anche se questo romanzo magari non sarà fra i suoi migliori,
lo stile essenziale e il non
tergiversare riescono a prenderti da subito.
I protagonisti sono i suoi
soliti: il trio composto da Marco
Buratti alias l’Alligatore, Max la Memoria e Beniamino il Contrabbandiere, alla ricerca della
donna del terzo misteriosamente rapita da qualcuno che vuole vendicarsi su
Beniamino per un omicidio che lui ha commesso senza starci troppo a pensare
(come suo solito).
Il tutto si svolge tra Padova
e Grenoble, la Serbia e il Libano, in un ambiente tra i più infimi della miseria umana, in cui tutti quanti sono delinquenti, tutti i
poliziotti sono corrotti, tutte le altre persone sono corruttibili e se non sei
una prostituta sei un magnaccia, se non sei tossico sei spacciatore. Ce ne
fosse uno normale: il nordest italiano mostrato come un formicaio di aberrazioni.
Ma se riesci a dominare il
ribrezzo e la depressione il romanzo è piacevole
soprattutto, come ho già detto, per lo stile incisivo e la rapidità di
progressione. Carlotto non va tanto per il sottile, riporta i fatti che si
susseguono a ritmo frenetico e negli ammazzamenti non sta tanto a pensarci
sopra: se qualcuno deve sparare a qualcun altro lo fa e basta, non sta tanto a
chiacchierare permettendo l’arrivo del Quinto Cavalleggeri in extremis.
Tempo fa leggevo un altro
romanzo di un autore che intendeva proporlo per la pubblicazione e per quanto
fosse presentato in modo perfetto non sono riuscito a proseguire oltre le prime
trenta pagine: preamboli chilometrici e infinite masturbazioni mentali me lo
hanno fatto abbandonare prima ancora che l’autore si avvicinasse al conquibus. Ogni tanto fa bene rammentare
che esistono anche scrittori concreti.
Ora devo ricordarmi, la prossima volta che passo dalle parti di quel
ristorante, di portare con me il volumetto per rimetterlo al suo posto sullo
scaffale senza che se ne accorga nessuno.
Ah, dimenticavo, Buon Natale!
Ah, dimenticavo, Buon Natale!
Il Lettore
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