Ho letto un altro Camilleri.
Brutto.
Sarà ora che smetto.
Ma ovviamente quand’è uscito
è stato presentato come un piccolo capolavoro. E mica se confessi che in realtà
fa schifo poi riesci a venderlo…
Andrea
Camilleri narra in modo
freddo e asettico la relazione tumultuosa tra Alma Schindler ― già amante di Gustav
Klimt; poi moglie di Gustav Mahler;
e in seguito moglie anche di Walter
Gropius e Franz Werfel; nonché
“amica” intima di Arnold Schömberg e
Alban Berg ― con il giovane pittore emergente Oskar Kokoschka.
Della serie: te la dò anche,
purché tu sia famoso o farai di tutto per diventarlo.
La curiosa coincidenza è
stata che avevo appena cominciato a leggere questo libro quando mi è capitato
di vedere un bel documentario della BBC strutturato
in tre puntate, nel quale si parlava della Vienna
del 1908, della Parigi del 1928 e
della New York del 1951, e di ogni
città se ne analizzava la storia in quel periodo e i personaggi più rilevanti. Molto interessante. A
Vienna, insieme a Sigmund Freud, a Egon Schiele e al già nominato Schömberg, e oltre ad un Adolf Hitler del quale hanno fatto
vedere alcuni dei disegni bocciatigli all’Accademia, nel 1908 cominciava a
diventare famoso anche un certo Oskar Kokoschka, che con tutte quelle kappa nel nome non avrebbe potuto
essere altro che un pazzo furioso,
come testimoniano i suoi quadri che per inciso non mi sono mai piaciuti.
E che anche a giudicare dal
proseguo della sua infatuazione per l’ex amante tanto per la quale non era.
La focosa storia tra il pittore e la zoccol bella e
interessante donna assume fin da subito toni melodrammatici (che Camilleri
descrive ma non riesce a rendere reali) fino a che la relazione si sfalda e lui
parte per la guerra. Una volta tornatone e non avendola dimenticata (intanto la
zocc donna si era già risposata un altro paio di volte), incarica un artigiano di costruirgli un simulacro che ne riproducesse le
fattezze a dimensioni naturali con i grezzi materiali disponibili all’epoca
(altro che le bambole gonfiabili di oggi!) e si intrattiene con esso come
palliativo. Chissà quanto si sarà divertito. Poi uno si domanda perché
dipingeva in quel modo.
Questa la vicenda narrata, in un tono freddo e
impersonale e con le frequenti aggiunte di stralci dell’epistolario tra i due e
altri brani di lettere di personaggi che erano a loro vicini, che a loro volta contribuiscono
a rendere il libro arido e per niente piacevole. La vicenda sarà anche curiosa,
ma appare come se avessero chiesto all’Andrea nazionale: ho questa storia, ma
se la scrivo io non frega un cazzo a nessuno, perché non la firmi tu? Così
almeno vendiamo qualcosina. Mi accorgo mentre sto scrivendo che questo è un
discorso che ho già fatto e smetto subito. Tanto più che sto cominciando ad
abituarmi alle delusioni.
Resta il fatto che sulla
vicenda sono stati pubblicati anche altri libri, per lo più tesi ad osservare i
fatti e la psicologia della zocc di Alma
Mahler anche e soprattutto dal punto di vista della donna emancipata, libera
e spedita che è stata.
Ed è appunto per ciò che questo
libro un Andrea Camilleri se lo sarebbe
potuto risparmiare.
Il Lettore
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