giovedì 17 novembre 2016

Come assassinare un romanzo

Sottotitolo: pur presentandolo bene.
Per fortuna in questi ultimi tempi nella redazione della casa editrice con cui collaboro arriva pochissima roba(ccia) da valutare. Sarà merito dell’invito in grassetto a non spedire nulla perché non è il momento? Di sicuro da molti è stato recepito, ma c’è sempre qualcuno che degli inviti non tiene conto quasi fossero fatti solo per tutti gli altri ad eccezione del sottoscritto. Ma come? Ho scritto un capolavoro e tu non vuoi nemmeno leggerlo? Ma che modo di fare è? Non si fa così, io te lo mando lo stesso, poi vedrai se non avevo ragione.
E dal momento che l’esimio editore sa perfettamente che la percentuale di materiale decente che arriva rimane sempre la stessa (lo 0.5%, malgrado le convinzioni personali degli autori ― vale a dire uno su duecento), l’altro giorno mi ha sbolognato l’ultimo romanzo arrivatogli. Della serie: meglio che le porcate le leggi tu, almeno io non inquino la mia mente preziosa.




In effetti era sì una schifezza, ma perlomeno era presentato benissimo! Il pacco (metaforico) era costituito da tre files: romanzo, sinossi e note biobibliografiche dell’autore.
Cominciamo a leggere le note. Scopro così che lo scrittore è un professore di letteratura alle superiori. Almeno non ci saranno errori d’ortografia, penso, facendomi forte dell’esperienza pregressa: i professori di letteratura non sanno scrivere, ma perlomeno di errori non ne fanno… qualche volta. Ha già pubblicato tre o quattro sillogi di poesia, un paio di romanzi e un paio di saggi. Male, malissimo, penso, non promette per niente bene. Poi penso anche che in effetti un professore di letteratura che scrive poesie decenti lo conosco anche personalmente, e allora decido di non lasciarmi influenzare. Almeno per il momento.
Apro il file della sinossi. E mi cascano le palle (per l’ennesima volta). Santiddio, ma per quale funambolico motivo devi ambientare il tuo romanzo a New York se sei di… non ve lo posso dire ma fidatevi, è italianissimo. Magari nella Grande Mela ci sarai anche stato, ma visto che la trama che proponi è trita e ritrita perché non l’hai ambientata a Roma? O a Perugia? E con personaggi italiani e non americani? Trama? Solamente mezza, perché nella sinossi ne è riportato il riassunto solo fino a metà romanzo, dopodiché consiglia al sottoscritto di leggere il romanzo per sapere come va a finire. Doppio giramento di palle; scrivendo così ha raggiunto esattamente lo scopo contrario a quello che si era prefisso, cioè di incuriosire il Valutatore. Con me questi trucchetti di bassa lega non funzionano, anzi, mi indispongono proprio.
E così mi sono accinto alla lettura del romanzo da indisposto, la condizione d’animo peggiore per poter confidare nella benevolenza di chi sta per giudicare la tua opera.
Apro il file del romanzo e scopro un’impaginazione perfetta, da libro stampato, leggibilissimo senza alcuna difficoltà: il carattere è un semplice Times New Roman in corpo 14, con la giusta  spaziatura tra le righe e i giusti margini. Vedi che l’aver già pubblicato gli è servito, penso. Le pagine sono numerate e già dalle prime righe mi accorgo che mancano del tutto errori e refusi. L’ha anche riletto, sempre merito dell’aver già pubblicato. E non scordiamoci che è un professore di letteratura… Forse l’unico appunto potrebbe essere la presenza di un po’ troppi punti esclamativi ― almeno 12 nelle prime due pagine ― ma riserviamoci di giudicare. Per ora.
Come si diceva: perfetto.
Ma.
Ho retto poche pagine: una trattazione senza errori ma noiosissima, ma di più, con un narratore onnisciente che già nel primo capitolo ti sviscera vita, morte, miracoli, pensieri, turbamenti, speranze, emozioni, passato, presente e futuro e aspirazioni di un tizio del quale ti scordi ben presto anche il nome (tanto è americano), e poi continua nei successivi fornendoti informazioni su amici e parenti del tizio, e su come l’ha cresciuto la madre e su cosa pensano di lui le ragazze eccetera senza che succeda assolutamente nulla. Una mole infinita di informazioni del tutto inutile per inquadrare una persona, che non ti fa venire nemmeno un briciolo di curiosità per il proseguire e ti induce solo a chiudere il computer e andare a passeggiare per boschi. Ma subito, perché adesso fa buio presto.
Un’ennesima conferma: i professori di lettere non necessariamente sanno anche scrivere.
Il Valutatore

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