Come aveva già fatto in Odore di chiuso, anche stavolta Marco Malvaldi invita il lettore a un
salto nel passato, nella Pisa di inizio Novecento e nell’ambiente dell’opera
lirica, mettendo insieme personaggi veramente esistiti (il re Vittorio Emanuele III appena salito al
trono, lo scrittore, poeta e giornalista Ernesto
Regazzoni, nonché Puccini e Rossini) e personaggi immaginari che insieme
formano un giallo ambientato sul palcoscenico di un teatro che ospita la prima
pisana della Tosca alla presenza
dello stesso Re d’Italia.
Durante la scena della
fucilazione di Cavaradossi il tenore
che ne sostiene la parte viene ucciso per davvero, e da qui inizia l’indagine
da parte dei Reali Carabinieri per
scoprire l’assassino probabilmente celato tra i molti artisti che avevano una
fondata ragione per odiare il tenore e gli attivissimi gruppi anarchici toscani
che caratterizzavano la politica dell’epoca.
Un giallo d’annata dal ritmo veloce e spiritoso che ho letto in poco
più di due ore e nel quale Malvaldi inserisce tutto il suo solito umorismo insieme a una ricerca
minuziosa sia di un ambiente letterario dell’epoca poco conosciuto che del
mondo della musica operistica, con particolare riguardo a quello che ancora non
veniva chiamato gossip ma che sempre
pettegolezzi erano.
Il romanzo si legge molto
bene e frequentemente strappa qualche sorrisetto, la prosa è colloquiale con
l’Autore che con naturalezza entra spesso nel discorso come è solito fare
Malvaldi, e in questo caso si sente come il modo adoperato risenta
dell’esperienza che lo scrittore ha acquisito nei suoi precedenti romanzi.
Al di là di questo, non è che
ci sia molto altro da dire. Trama e risoluzione della vicenda non sono molto
originali; alcuni personaggi, ad eccezione del Tenente Pellerey e di Ernesto
Regazzoni, non sono caratterizzati abbastanza; alcuni altri vengono
abbandonati nel corso dello svolgimento e in alcuni casi le motivazioni di
qualche comportamento risultano debolucce oltre a mancare del tutto certe
spiegazioni che invece il lettore si aspetterebbe. Per esempio: è mai possibile
che un tenore venga assassinato in
un teatro alla presenza addirittura del Re e quest’ultimo è come se non
esistesse? Non ci è dato di sapere cosa fa, come reagisce, se si spaventa, se
lo conducono via subito, se è perlomeno incuriosito del crimine accaduto, se si
interessa alla faccenda eccetera. Niente. Io come lettore me lo sono chiesto,
ma forse per l’autore la cosa non era importante.
Resta un romanzetto piacevole con buoni dialoghi e qualche
spunto arguto, ma non mi sento di piazzarlo ad occupare qualcuno dei primi
posti dell’opera di Malvaldi. Peccato, lo scrittore toscano è uno di quelli dai
quali io mi aspetto di più ad ogni nuova uscita, mi aspetto ogni volta di
leggere una sua opera corposa, dotata anche di un rilevante spessore oltre alla
divertente leggerezza che lo ha sempre caratterizzato, ma questo è un passo che
il pisano sembra rimandare di volta in volta.
Chissà, non credo che non ne
sia capace, forse per la paura di vendere di meno?
Il Lettore
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