Nella mia graduatoria
personale delle cose che non riesco proprio ad apprezzare ce ne sono due che
non sono mai uscite dalla top five:
la napoletanità e il calcio.
Ognuno ha le sue
idiosincrasie: per me tutto ciò che riguarda la stupidità, Napoli o il gioco
del pallone è da evitare accuratamente. Di conseguenza capirete come io sia
restato un pochino perplesso quando il mio editor,
dopo aver scaricato e letto questo libro, mi ha detto. “Leggilo, vedrai che ti piacerà… anche se parla del Calcio visto dai Napoletani.”
Ciò sarebbe del tutto al di
fuori della mia capacità di sopportazione,
le ho risposto, ma conoscendo bene l’autore e benché sia lui stesso napoletano,
un certo tarlo mi si era insinuato nella mente e mi sono detto va be’,
perlomeno so che scrive bene, proviamo, tutt’al più lo lascio, e mi sono
apprestato speranzoso alla lettura sia pure con una certa dose di scetticismo.
E la verità è che quando uno
è proprio bravo (pure se è di Napoli), riesce a rendere interessanti anche gli
argomenti dei quali non puoi neanche sentir parlare.
Con questo non è che poi alla
fine sia riuscito a farmi cambiare idea sulle mie convinzioni, chiariamo
subito, ma se c’era uno che poteva convincermi a leggere un libro sul calcio,
questo poteva essere solo Maurizio De
Giovanni. Oddìo, a dire la verità c’era riuscito anche Giorgio Faletti con il suo Tre
atti e due tempi nel quale aveva infuso un tocco di giallo, mentre con
questo Il resto della settimana De
Giovanni ha inteso approfondire la conoscenza con il tifoso di calcio
napoletano generico. Per dirla con le sue parole: “La
domanda era: che cosa faceva quell’individuo inquadrato dalle telecamere dopo
un gol, la bocca contorta in un urlo spaventosamente liberatorio, le mani
adunche a mo’ di artiglio, il filo di bava sul mento, i capelli diritti in
testa e gli occhi iniettati di sangue, nel resto della settimana? Chi era? Di
cosa discuteva? Quanto di quella passione tratteneva in petto, e quali ricordi,
ossessioni, rimpianti, gioie e rimorsi generava? Come funzionavano gli incontri
tra siffatti soggetti? Che contenuto avevano le frasi smozzicate, i veloci
scambi di opinioni e gli assensi e i dissensi che da lontano vedeva passare
dall’uno all’altro?”
In una specie di ultras watching il protagonista scelto dall’autore (napoletano e fervente tifoso… per
quanto ammiri come scrive non credo che potremmo mai andare molto d’accordo)
decide di scrivere un libro nel quale analizzare il comportamento di questa
tipologia di animali nei periodi che intercorrono tra le puntate a scansione
settimanale della loro ragione di vita, e per farlo sceglie di osservarne il
comportamento all’interno di un tipico bar partenopeo, stando seduto a un
tavolino a lui riservato dal quale registra e annota i vari racconti dei clienti
neanche fosse uno del National Geographic.
Il risultato è un libro
gradevolissimo nel quale emergono personaggi molto ben caratterizzati che
illustrano, oltre alla loro passione (che vista da un’ottica staccata potrebbe
essere la passione integralista per qualsiasi cosa, dal collezionismo di
francobolli alla costruzione di modelli di navi da guerra, e che in ogni caso
non fa parte del mio Dna), momenti di umanità comuni a tutti. Nei racconti
degli avventori De Giovanni ha saputo infondere tratti commoventi e perfino
emozionanti, e il tutto detto da uno che non è mai stato minimamente sfiorato
nemmeno da un briciolo di interesse per la materia, ma che sa riconoscere e
apprezzare le cose fatte bene, in qualsiasi ambito. Così come riconosco che De
Giovanni è un ottimo scrittore, così so valutare il perché quel determinato gol
descritto così minuziosamente è in assoluto il più bello di tutta storia del
calcio, tanto è vero che dopo averne letto la descrizione nel libro me lo sono
andato a riguardare su youtube per
curiosità. Incredibile, vero? E la cosa simpatica è che nel libro De Giovanni
non nomina mai colui che quel gol lo ha segnato, proprio perché nella storia
del Napoli quella persona ha
rappresentato un’entità leggendaria situata più che altro nella cerchia degli
Dei.
In effetti riconosco che quella persona nel suo campo è stato un
vero artista, e anche nella mia considerazione di profano si pone al livello di
un Michael Jordan, di uno Steve Jobs, di un Edward Hopper o di un Miles
Davis.
O di un bravissimo falegname.
Il Lettore
Bravo Lettore :-)
RispondiEliminaColeichelegge https://velenieantidoti.wordpress.com/