Dopo Ugo e il partenopeo Commissario
Criscuolo ecco che Massimo
Bertarelli cambia ancora personaggi e ambientazione del suo nuovo romanzo,
lasciando stavolta quasi invariato il titolo (dopo Mi chiamo Ugo adesso Mi
chiamo Simone), e del tutto lo stesso il creatore e realizzatore della
copertina: il mitico disegnatore Claudio
“Ferro” Ferracci, che dopo palazzi di Monza, scarpe da poveraccio e
cartelli artigianali, si è trovato ad aver a che fare con ombre ed edicole in
puro stile “noir”.
È questo il romanzo che vi
avevo anticipato di aver già letto a suo tempo in formato elettronico nella sua
forma embrionale, appena scritto, sul quale “Max” voleva un parere (da uno che se ne intende, hi, hi, hi…).
E il parere è stato positivo fin da allora: questo romanzo
mi è piaciuto subito, fin dall’inizio.
Poi, appena mi è arrivata la
copia in cartaceo con tanto di dedica personalizzata, lo ho riletto con piacere
per poter scrivere questo post. Visto
l’andazzo di questi ultimi tempi avevo pensato che a finirlo ci avrei messo un
po’ di più, ma la scrittura di Massimo Bertarelli
è come un bicchiere di acqua fresca quando hai sete: dopo due giorni l’avevo
finito. Con lo stesso piacere della prima volta. Anzi, ancora maggiore perché conoscendolo
già nelle grandi linee mi sono gustato i particolari.
Una cosa che ho notato è la perfezione: non un refuso, non una
virgola fuori posto, non una parola inesatta. Io perlomeno non ne ho visti.
Quindi una notevole cura editoriale, molto meglio di tante case editrici
blasonate, e a monte un notevole impegno dell’autore nel riguardare e
correggere.
In tutto il romanzo un solo
termine mi ha fatto storcere il naso, di pochissimo, e nessun’altro oltre me ne
sarà rimasto colpito. A pagina 166 si legge la frase “Uno dei pochi semafori superstiti lo trovo rosso, manco a farlo
apposta, a Biassono, in pieno centro a fianco della caratteristica torre
dell’acquedotto.”
Quel “caratteristica” a me è sembrato superfluo, ridondante, un’inutile
precisazione dal tono vagamente pubblicitario (il perché completo di questa mia
critica è spiegato qui). Un appunto
leggero, opinabile e per nulla importante, per un aspetto che avrà colpito solo
un rompipalle pedante come me.
Per il resto null’altro da
dire: la trama c’è, lo stile è fresco e veloce, i personaggi sono ben
delineati, le curiosità innescate vengono risolte e tutto questo ne fa un
romanzo leggero e piacevole, che si legge con gusto nello stile a cui ormai Massimo Bertarelli ci ha abituato.
Per quanto riguarda i
personaggi l’autore si è rifatto alla vicenda di quello che può essere
considerato il suo primo romanzo di successo: Mi chiamo Ugo, di cui ho parlato nel link citato sopra. Viene
tirato in ballo lo stesso rappresentante delle forze dell’ordine coinvolto in
quel libro: il commissario Munafò, a
cui viene chiesto aiuto da Simone per
aver notato delle cose strane che stanno succedendo nel suo quartiere.
Simone è l’edicolante di una zona di Monza, un
quasi cinquantenne con il desiderio di redimersi da un passato da delinquente
che gli ha fatto passare qualche anno in carcere. Narra in prima persona e al
tempo presente di come, essendo venuto a conoscenza che alcuni tipi poco
raccomandabili stanno agendo vicino a casa sua, decida di: A) informare la polizia; B)
fare qualcosa per conto proprio (hai visto mai che i piedipiatti sono troppo
lenti). Mentre, in alcuni capitoletti, dei fatti che succedono a Munafò sono narrati in terza persona.
Simone è attorniato da una schiera di amici e conoscenti
simpatici e ben caratterizzati, a partire dall’anziana e dolce Paola, che contribuiscono a loro volta
a meglio descrivere il carattere di Simone
stesso.
Tecnicamente, se nei suoi
romanzi precedenti Massimo Bertarelli aveva lasciato che lo influenzassero Gianrico Carofiglio, Andrea Camilleri e Maurizio De Giovanni, in questo ha lasciato che a farla da padrone
fosse lo stile di Lee Child. Gli è
riuscito benissimo: le scene d’azione
sono precise, dinamiche e coinvolgenti, lo stesso Child non avrebbe saputo fare
di meglio. Complimenti.
Che dire di più? Se volete un
romanzo ben scritto e pienamente godibile, da tutti, leggetevi le avventure di Simone (che smielatura! Che pubblicità
smaccata! Quasi quasi mi faccio schifo da solo…) e non ve ne pentirete.
Per chi fosse interessato: stiamo
organizzando una presentazione qui a Perugia dell’altro romanzo di Massimo Bertarelli, Giallo d’Ischia, nella
quale parleremo anche di questo Mi
chiamo Simone. Probabilmente sarà
in settembre e ci sarà anche lo stesso Massimo
insieme a Claudio Ferracci. Non vedo
l’ora, dal momento che con Massimo
ci conosciamo solo epistolarmente e non ci siamo mai visti di persona pirsonalmente.
Vi terrò informati.
Il Lettore
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