lunedì 8 gennaio 2018

Polina

Ancora un fumetto.
Buono, stavolta. Visto che sono stato rimproverato per la mia schiettezza nei confronti delle porcate faccio vedere a qualcuno — e chi di dovere ha capito benissimo che sto parlando proprio di lui — che oltre a stroncare sono anche capace di apprezzare dei fumetti che meritano. Anche e nonostante non mi piaccia lo stile del disegno.
Ad essere del tutto sincero, al primo impatto anche questa graphic novel ha rischiato di essere catalogata nel gruppo degli abbandonati dopo solo due pagine, proprio perché il disegno non è tra i miei preferiti e tra poco vi spiegherò il perché, ma pur non piacendomi emanava un certo fascino che mi ha spinto a proseguire, e così ho potuto apprezzare la storia tanto anche da rimanerne commosso.
Polina è un grande romanzo a fumetti. Un romanzo di formazione, di crescita, un romanzo in cui, come in Lo Scultore di McCloud, la parte del protagonista è rivestita dall’Arte con la A maiuscola.
In questo caso l’Arte della Danza.




Polina Oulinov è una bambina russa con la passione per la danza. Riesce ad entrare nei corsi di formazione della scuola del Bolshoi e si trova a fare i conti con tutto l’impegno, la disciplina e la dedizione che quest’arte richiede per poter emergere dalla massa e farsi notare, nonché con le rivalità e le differenze di opinioni tra gli stessi docenti. In particolar modo è affascinata dall’insegnamento del severo maestro Bojinski, che intuisce le sue potenzialità e con il quale lei nel corso del tempo si ritrova a condividere alcune visioni filosofiche di quest’arte.



Un romanzo di formazione, questo di Bastien Vivés, che esplora le difficoltà di un ambiente esclusivo e le insicurezze dell’adolescenza insieme alla volontà di poter emergere in un’arte (un po’ come quello di Scott McCloud). Una graphic novel rarefatta, costituita di silenzi espliciti e di intuizioni rappresentate da sequenze del tutto prive di dettagli negli sfondi, senza testi e balloon, ma le cui ellissi si capiscono perfettamente.
I colori adoperati sono solo due, quasi del tutto assenti i toni di grigio e le sfumature, come a rappresentare una metafora del talento: o ce l’hai o non ce l’hai, e se non ce l’hai è meglio che cambi strada, riuscirai a trovare qualche altro percorso più adatto a te.



Il tratto del disegno (forse l’unica cosa che non mi ha soddisfatto, solamente per un mio personale gusto estetico) è molto sbrigativo, ma in fondo devo ammettere che risulta coerente con la sceneggiatura e con il tono generale che l’autore ha voluto infondere all’opera. Anche la schematizzazione e la povertà degli sfondi sono una sottolineatura della durezza della disciplina della danza e del sacrificio al quale bisogna sottoporsi per poter seguire questo percorso.



Non essendo al dentro del mondo della danza, ho pregato una mia cara amica danzatrice di leggere il libro per avere la conferma che Vivès non fosse magari incappato in qualche sfondone tecnico del quale non mi sarei potuto accorgere: non vi sono neanche incongruenze tecniche, il tutto è pienamente coerente (e il fumetto è piaciuto anche a lei).
Mi ripeto: non mi è piaciuto lo stile del disegno, ma ho trovato questo fumetto godibilissimo e pieno di significati rappresentati apposta per essere intuiti più che facilmente compresi. Come piace a me.
Grande lavoro.
Il Lettore (che come ballerino meglio che lasciamo perdere)

Nessun commento:

Posta un commento