giovedì 11 gennaio 2018

Il cuore nero dei servizi

Sono molto incuriosito dal mondo dei servizi segreti. Principalmente per le letture fatte. Ma dal momento che libri e telefilm trattano questa tematica in modo quasi del tutto dal versante oltreoceano, ho letto con molto piacere (oddìo, piacere è più che altro un eufemismo) questo saggio di Pietro Messina che esplora la situazione qui in casa nostra.
Già lo stesso chilometrico sottotitolo è sufficientemente esplicativo: “Le strutture di potere, le azioni segrete, i successi mai raccontati e gli sprechi senza fondo. Da documenti e testimonianze esclusive, la verità sull’intelligence italiana”. Sul fatto che racconti la pura verità ho qualche dubbio, così come sul fatto che sia tutta e completa, ma dal momento che di questi argomenti di solito l’uomo comune non ne viene mai a sapere nulla (e giustamente, altrimenti cosa ci sarebbe di segreto?), mi accontenterò di attribuire un fondo di verità al 70% delle informazioni scritte dal Messina.
Già così, ci sarebbe solo da strapparsi i capelli e chiedere asilo politico in Bangla Desh.




Avete presenti i bellissimi romanzi di Frederick Forsythe, John Le Carrè, David B. Ford, Ian Fleming, Tom Clancy e altri? Avete presente l’affascinante mondo degli agenti segreti? Bene, scordatevi tutto. Qui in Italia le cose succedono in un’altra maniera rispetto al resto del mondo. Qui da noi sono riusciti a trasformare anche l’intrigante e pericoloso mondo delle spie in una napoletanata da quaqquaraqquà.
Partendo dalle riforme politiche del mondo dell’intelligence, con le quali hanno cambiato i nomi dei servizi segreti: dai precedenti Sismi, Sisde e Cesis, i burocrati si sono inventati i più moderni Aisi, Aise e Dis, tanto per ingrassare le tipografie che stampano la nuova carta intestata. Ma dicono che è stato fatto anche per ridurre le spese. Che in realtà sono lievitate in maniera del tutto fuori controllo fino a impiegare i fondi statali addirittura per acquistare appartamenti ad uso esclusivo di noti politici.
E potrei continuare per un pezzo. Pietro Messina lo ha fatto, e ne è risultato un quadro davvero deprimente. Quello che colpisce nel venire a conoscenza di molti retroscena, non sono tanto gli interessi politici nella gestione dei servizi, non sono le matrici di alcuni tentativi di colpi di stato nate all’interno stesso dei servizi, quanto il fare le cose alla carlona, all’italiana, in un mondo che dovrebbe essere ai vertici della serietà, in cui impegno e dedizione dovrebbero essere le molle principali del lavoro.
E invece ci si è ridotti al più basso nepotismo, ad una ciarlataneria da mercatino rionale, all’arrivismo del singolo ladruncolo che pur di fregare centomila euro allo Stato sarebbe capace di dare l’avvio alla terza guerra mondiale; si sono alimentati gli enormi sprechi di denaro pubblico che avrebbe dovuto essere controllato ma in realtà non lo è, ci si riduce a livelli bassissimi di corruzione spicciola per ottenere insignificanti vantaggi personali.
Da vergognarsi. Per non parlare di casi oltremodo importanti di cui si è occupata la cronaca come tanto per fare qualche esempio gli omicidi di Ilaria Alpi, Massimo D’Antona e Marco Biagi, il sequestro di Abu Omar e le connivenze con la mafia, nei quali i servizi sono stati in qualche modo implicati. Tanto da renderci ridicoli e totalmente inaffidabili anche all’estero.
Come per quasi tutte le cose qui in Italia, anche i servizi segreti nazionali sono stati ridotti a una vera e propria, tragica, pagliacciata. Per opera dei politici, dei burocrati e perché no, anche dei singoli delinquenti impiegati nei servizi stessi.
Un saggio davvero deprimente, tanto da far provare, da italiano, un senso di schifo e di vera vergogna nel venire a conoscenza di come vanno realmente alcune cose nel nostro paese.
Il Lettore 

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