Ed ecco a voi l’ultimo romanzo
di Gianrico Carofiglio. Appena
uscito e già schizzato in testa alle classifiche di vendita, a ribadire il
concetto che se l’autore è conosciuto si compra a scatola chiusa. Purtroppo succede
la stessa cosa pure con Fabio Volo (l’assenza del grassetto è intenzionale), e anche
con Bruno Vespa.
Perlomeno in questo caso il
romanzo merita veramente.
La trama: per ragioni mediche
un adolescente, figlio di genitori separati e sofferente di attacchi
epilettici, deve sottoporsi alla prova di restare senza dormire per due notti di fila, e questo test costringe il ragazzo a trascorrere più di 48 ore in compagnia
forzata con il proprio padre che lui conosce quasi per nulla.
Ne emergono la riscoperta del
rapporto padre/figlio insieme alla potenzialità di ciò che questo può offrire,
e lo stupore di fronte alla rivelazione dei fatti reali che qualsiasi figlio
ignora della vita dei propri genitori. Un romanzo atipico, di formazione e di
scoperta, ambientato in una Marsiglia
pressoché sconosciuta ai più se non fosse che tutti abbiamo sentito dire come
sia una città pericolosa e dalla quale stare alla larga.
È un romanzo scritto benissimo, con stile semplice ed
essenziale, e la lettura è scorrevolissima anche se ricca di citazioni e di
aneddoti: “Nella vera notte buia
dell’anima sono sempre le tre del mattino”; questa dalla quale è tratto il
titolo è di Francis Scott Fitgerald,
ma Carofiglio non si risparmia anche altri nomi illustri o meno, sempre però
inseriti ad hoc, in modo da non
stonare affatto.
Un romanzo coinvolgente e
ricco di tenerezza, di quella che fa
piacere provare attraverso fatti e azioni, non di quella stucchevole
spiattellata lì perché oggi va tanto di moda. I pochi personaggi di contorno
sono ben caratterizzati e ben descritte le paure e le insicurezze
adolescenziali.
Quello che mi fa imbestialire
invece sono le idiozie del tutto fuori
luogo, come l’affermare da parte di alcuni commentatori che questo romanzo non
è piaciuto (ai coglioni autori dei commenti) perché l’autore non lo ha concluso
raccontando come prosegue il rapporto tra i genitori del ragazzo (che ricordo
sono separati, e ovviamente lo restano).
Come dire che Moby Dick fa schifo perché non c’è
scritto che fine fa Anna Karenina.
M si sa: la madre degli
imbecilli…
Il Lettore
Nessun commento:
Posta un commento