Uno dei più grandi piaceri
per un lettore è quello di capitare “per caso” in libreria e trovarci l’ultimo
uscito di uno dei tuoi autori preferiti, del quale non sapevi che fosse
imminente la pubblicazione. È quello che mi è successo venerdì pomeriggio,
quando mi sono imbattuto in questa novità di Frederick Forsyth.
La mezzanotte di domenica
era già finito.
Adoro Forsyth, fin dal
primo suo romanzo che ho letto, quel Il
giorno dello sciacallo che costituisce anche il suo romanzo d’esordio.
Quando uno debutta con un capolavoro che cosa gli vuoi dire? Bravo, continua
così. Ed è quello che l’autore inglese ha fatto, alternando opere splendide ad
altre un po’ meno, ma mantenendosi sempre su livelli eccellenti sia nel romanzo
che nel racconto: Nessuna conseguenza
rimane sempre uno dei più bei libri di racconti che io abbia mai letto.
Nei suoi romanzi Forsyth ha
sempre trattato di spionaggio e guerre palesi o nascoste tra Stati (se fosse
nato prima avrebbe indagato anche su Inghilterra-Germania ai tempi della
seconda guerra mondiale), partendo da Francia-Algeria per continuare con
USA-URSS, USA-Vietnam e Coalizione-Iraq, per finire con Stati Occidentali vs
Terrorismo Islamico, tematica che costituisce l’ossatura di tutte le sue ultime
opere. Dopo il resoconto dell’attentato a Charles
De Gaulle, Forsyth ha di nuovo raggiunto la vetta dell’eccellenza con
parecchi altri romanzi, da I mastini
della guerra a Il pugno di Dio,
per nominarne solo due, fino a quel Il
Vendicatore che ho letto almeno 4 o 5 volte, tanto per studiare come si
scrivono le scene di azione. Dopo l’11 settembre 2001 Forsyth ha eletto i
fanatici musulmani a nemico preferito dei suoi eroi, non mancando mai però di
rimarcare gli aspetti positivi dell’Islam moderato.
Al di là delle considerazioni
politiche e della tematica ultranazionalista ed epica (nei suoi romanzi il
“buono” è quasi sempre un ufficiale inglese o americano iperspecializzato che
combatte contro il cattivo di turno adoperando tutti gli ultimi ritrovati della
scienza militare), sulle quali si può essere d’accordo o meno, l’aspetto che
più mi preme sottolineare in Forsyth è quello della scrittura: se ti piacciono
i libri d’azione su uno sfondo di politica internazionale, allora Forsyth
rimane sempre il top.
Anche se…
Su quest’ultima prova, per
esempio, non posso fare a meno di separare il mio io in una scissione
dualistica: il me stesso che ha divorato il romanzo con grande piacere, e
l’altro me stesso che ha trovato in esso un
mucchio di difetti.
Perché da un lato La lista nera è una scopiazzatura degli
ultimi romanzi dello stesso Forsyth: stessa tematica de L’Afgano e Cobra, stessi
stereotipi, stessi nemici, stessi personaggi di supporto, stesse procedure
operative, stesse tecniche d’indagine, stessi combattimenti, stessi SAS, stessi
lanci HALO, simili risoluzioni e finale quasi scontato, tanto che leggendo
viene da pensare a quanto è brutta l’abbinata fama-vecchiaia, che porta un
autore a ripetersi nonostante non credo abbia bisogno di soldi (chissà perché
ora mi è venuto in mente Camilleri?). Senza contare il pressappochismo della
traduzione e quei quattro o cinque refusi (perfino un Golda Meyer (!!!) al
posto di Golda Meir) che in un
Omnibus Mondadori uno non si aspetta proprio di trovare e quando invece ti
spiccano davanti agli occhi ti incazzi proprio.
Ma d’altra parte c’è uno
stile di scrittura superbo, portato avanti in un modo tale che anche se ti
accorgi che si sta ripetendo non puoi fare a meno di smettere di leggere. Le
descrizioni sono sempre calzanti e interessanti, l’azione è azione pura, senza
distrazioni, la profonda conoscenza dei particolari viene trasmessa in modo
impeccabile e interessante, la tensione narrativa è innescata fin dall’inizio e
non gli è mai consentito di calare, la sospensione dell’incredulità non ha
tentennamenti.
Sarà l’affezione che provo
per questo autore, ma nonostante sia consapevole dei difetti che vi ho trovato,
per me rimane una buona lettura, che mi ha divertito ed è riuscita a sottrarre
qualche ora al sonno (cosa sempre più difficile…).
Il Lettore
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