Per riprendermi dalla
delusione indotta dal pisano con il suo saggio gastronomico, e permettere
all’autore di risalire nella mia considerazione, ho letto subito un altro
saggio dello stesso Marco Malvaldi,
stavolta sull’umorismo (e chi meglio
di lui? Per lo meno ha dimostrato di saperlo utilizzare. E ne ho già pronti
altre quattro o cinque dello stesso autore che mi aspettano, come altri di
Murakami ecc., ma fatemi un pochino variare…).
Come recita lo stesso
sottotitolo: Piccolo saggio
sull’umorismo e il linguaggio, stavolta il protagonista dello studio è il
“che cosa scatena le risate”, analizzato con la mentalità scientifica
dell’autore.
Almeno in questo caso non ci
sono di mezzo bambini.
Come deve funzionare la
struttura del linguaggio per poter far in modo che si inneschi il meccanismo di
ridere? Che cosa è necessario?
Marco
Malvaldi tira in causa
numerosi personaggi, da scrittori di notevole peso come Umberto Eco e Jorge Luis
Borges a scienziati (principalmente Daniel
Kahneman e Amos Tversky) che
hanno lavorato sull’argomento, psicologi, esperti di linguaggio, informatici.
La domanda che ricorre nel
libro è quella se sia possibile insegnare
l’umorismo ad un computer e fare in
modo che possa ridere anche questo, o se l’umorismo sia una caratteristica
esclusivamente del genere umano. Come potrebbe, per esempio, un computer capire se intendiamo scherzare o meno?
Marco
Malvaldi analizza gli
studi fatti in merito riportando come esempi
alcuni di quelli adoperati proprio nelle ricerche, passando per le statistiche
riguardanti la frequenza delle singole lettere nei vari alfabeti e la frequenza
delle associazioni di parole, e conclude affermando che, per portare alla
risata, una battuta deve avere alcuni ingredienti
fondamentali quali la condivisione
con altri, il riconoscimento di una
situazione antitetica od almeno inconciliabile con la premessa (e più intuitivo
è e meglio sarebbe), e l’accertamento
di una contestualizzazione in cui non vi siano pericoli critici per il
destinatario della battuta. Ovviamente, lui lo dice in modo molto più esaustivo
e facendo anche ridere, dal momento
che gli esempi sono numerosi e tutti strettamente legati all’argomento.
Perlomeno, al contrario del
saggio gastronomico su Barcellona, in questo c’è da ridere. Non che non ci
fosse anche nell’altro, ma come ho già avuto modo di dire, le risate erano inquinate
dalla mancanza di sentimento.
Va a sapere dove aveva la
testa quando l’ha scritto.
Il Lettore