venerdì 23 ottobre 2015

007 – Il grande slam della morte

A sessant’anni dalla prima pubblicazione mi è ricapitata sotto mano questa terza avventura di James Bond, un eroe letterario la cui gloria è tutt’altro che tramontata, visto il successo dei film che lo vedono protagonista e i tanti scrittori anche famosi che ne proseguono le avventure.
Del resto, la fama dei romanzi di Ian Fleming è decollata proprio grazie al cinema e al suo interprete più famoso, Sean Connery, e poco importa se i film si discostano anche sostanzialmente dai romanzi ai quali sono ispirati.
Ma in fondo molti libri di Fleming erano piacevoli ― Operazione Tuono, Licenza di uccidere, Goldfinger ― e pure questo Il grande slam della morte (Moonraker), che occupa un posto importante nella mia considerazione perché… ve lo dirò tra poco.




I romanzi di Ian Fleming presentavano il pregio di una prosa semplice, agile e quasi scarna, da giornalista quale Fleming era, insieme al merito di aver inventato una spia affascinante e pressoché invincibile, sempre attorniata da splendide donne e gettata a capofitto nelle avventure più improbabili, nelle quali si potevano trovare gli ingredienti che negli anni sessanta andavano per la maggiore: la guerra fredda, i neonazisti, il rischio nucleare, le prime minigonne.
Anche i razzi e la corsa allo spazio fanno la loro parte, come nel libro di oggi in cui il cattivo della situazione, Hugo Drax, minaccia di lanciare su Londra un missile con testata nucleare  se non saranno soddisfatte le sue richieste truffaldine. Naturalmente James Bond risolve la situazione in due o tre ore di lettura leggera e piacevole, ed è un buon modo di festeggiarne il sessantennale.
Ma questo romanzo mi è particolarmente caro anche perché tanti anni fa ha costituito il mio affacciarmi sul mondo del bridge. E vi spiego il perché.
Nel corso della vicenda, Bond e Drax si trovano a giocare una partita al più bel gioco di carte del mondo insieme al capo di Bond, M, e a un certo Meyer. Fleming descrive bene la situazione mostrando Bond che trucca un mazzo di carte allo scopo di infliggere una punizione a Drax dopo aver scoperto che barava utilizzando il classico trucco dello specchio. E Fleming arriva perfino a illustrare la smazzata modificata da 007 che in Nord arriva a giocare un “sette fiori” contrato e surcontrato:



Trent'anni  fa era il primo diagramma che vedevo di una smazzata di bridge, e ne rimasi stupito e affascinato. Non solo, di seguito Fleming illustra l’andamento del gioco:
E tutt'a un tratto Basildon capì. Era un evidente grande slam a favore di Bond, senza possibilità di scampo. Qualunque carta giocasse Meyer, Bond sarebbe intervenuto con un atout suo o del morto. Poi, mentre batteva gli atout, naturalmente facendo gli impasse contro Drax, avrebbe calato due quadri, facendo cadere, con gli atout del morto, l'asso e il re di Drax. Dopo cinque prese si sarebbe trovato con i restanti atout e i sei quadri vincenti. Gli assi e i re di Drax non avrebbero più avuto alcun valore. Era un vero assassinio. Basildon, quasi in trance, terminò il giro intorno al tavolo e andò a fermarsi fra M e Meyer, in modo da poter vedere in faccia sia Bond che Drax. Aveva il volto impassibile, ma le mani, infilate nelle tasche dei pantaloni perché non tradissero l'emozione, erano umide di sudore. Aspettò, con una certa trepidazione: tredici frustate, una dopo l'altra, le cui cicatrici non si sarebbero mai più rimarginate per nessun giocatore.
A distanza di tanti anni, col senno del poi, non posso far altro che ammettere che la giocata è descritta benissimo (scoprii ― sempre poi ― che è una smazzata famosa, costruita didatticamente allo scopo di ottenere il massimo risultato con il minimo della forza), ma allora grande fu il mio stupore quando, leggendo, non ci capii assolutamente niente. Slam? Atout? Morto? Impasse? Ma che roba è? Comprensione zero, nulla di nulla, buio completo. Rilessi il brano più e più volte: stesso risultato.
Urgeva una soluzione: dovevo assolutamente imparare a giocare a bridge.
Imparai, mi ci appassionai e finii con l’arrivare a giocare a livello nazionale e a ottenere pure la qualifica di Istruttore Federale.
Ma la cosa più importante era che dopo anni, rileggendo il brano, mi appariva del tutto chiaro.
Il Lettore bridgista

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