A sessant’anni dalla prima
pubblicazione mi è ricapitata sotto mano questa terza avventura di James Bond, un eroe letterario la cui
gloria è tutt’altro che tramontata, visto il successo dei film che lo vedono
protagonista e i tanti scrittori anche famosi che ne proseguono le avventure.
Del resto, la fama dei
romanzi di Ian Fleming è decollata
proprio grazie al cinema e al suo interprete più famoso, Sean Connery, e poco importa se i film si discostano anche sostanzialmente
dai romanzi ai quali sono ispirati.
Ma in fondo molti libri di
Fleming erano piacevoli ― Operazione
Tuono, Licenza di uccidere, Goldfinger ― e pure questo Il grande slam della morte (Moonraker), che occupa un posto
importante nella mia considerazione perché… ve lo dirò tra poco.
I romanzi di Ian Fleming presentavano il pregio di una
prosa semplice, agile e quasi scarna, da giornalista quale Fleming era, insieme
al merito di aver inventato una spia
affascinante e pressoché invincibile, sempre attorniata da splendide donne e
gettata a capofitto nelle avventure più improbabili, nelle quali si potevano
trovare gli ingredienti che negli anni sessanta andavano per la maggiore: la
guerra fredda, i neonazisti, il rischio nucleare, le prime minigonne.
Anche i razzi e la corsa allo
spazio fanno la loro parte, come nel libro di oggi in cui il cattivo della
situazione, Hugo Drax, minaccia di
lanciare su Londra un missile con testata nucleare se non saranno soddisfatte le sue richieste
truffaldine. Naturalmente James Bond risolve la situazione in due o tre ore di
lettura leggera e piacevole, ed è un buon modo di festeggiarne il
sessantennale.
Ma questo romanzo mi è particolarmente
caro anche perché tanti anni fa ha costituito il mio affacciarmi sul mondo del bridge. E vi spiego il perché.
Nel corso della vicenda, Bond
e Drax si trovano a giocare una partita al più bel gioco di carte del mondo
insieme al capo di Bond, M, e a un certo Meyer. Fleming descrive bene la
situazione mostrando Bond che trucca un mazzo
di carte allo scopo di infliggere una punizione a Drax dopo aver scoperto
che barava utilizzando il classico trucco dello specchio. E Fleming arriva
perfino a illustrare la smazzata modificata da 007 che in Nord arriva a giocare un “sette fiori” contrato e surcontrato:
Trent'anni fa era il primo diagramma che
vedevo di una smazzata di bridge, e
ne rimasi stupito e affascinato. Non solo, di seguito Fleming illustra l’andamento
del gioco:
“E tutt'a un tratto Basildon capì. Era un evidente grande slam a favore
di Bond, senza possibilità di scampo. Qualunque carta giocasse Meyer, Bond
sarebbe intervenuto con un atout suo o del morto. Poi, mentre batteva gli
atout, naturalmente facendo gli impasse contro Drax, avrebbe calato due quadri,
facendo cadere, con gli atout del morto, l'asso e il re di Drax. Dopo cinque
prese si sarebbe trovato con i restanti atout e i sei quadri vincenti. Gli assi
e i re di Drax non avrebbero più avuto alcun valore. Era un vero assassinio.
Basildon, quasi in trance, terminò il giro intorno al tavolo e andò a fermarsi
fra M e Meyer, in modo da poter vedere in faccia sia Bond che Drax. Aveva il
volto impassibile, ma le mani, infilate nelle tasche dei pantaloni perché non tradissero
l'emozione, erano umide di sudore. Aspettò, con una certa trepidazione: tredici
frustate, una dopo l'altra, le cui cicatrici non si sarebbero mai più
rimarginate per nessun giocatore.”
A distanza di tanti anni, col
senno del poi, non posso far altro che ammettere che la giocata è descritta
benissimo (scoprii ― sempre poi ― che è una smazzata famosa, costruita didatticamente
allo scopo di ottenere il massimo risultato con il minimo della forza), ma
allora grande fu il mio stupore quando, leggendo, non ci capii assolutamente niente. Slam? Atout? Morto? Impasse? Ma
che roba è? Comprensione zero, nulla di nulla, buio completo. Rilessi il brano più
e più volte: stesso risultato.
Urgeva una soluzione: dovevo assolutamente imparare a giocare a bridge.
Imparai, mi ci appassionai e
finii con l’arrivare a giocare a livello nazionale e a ottenere pure la
qualifica di Istruttore Federale.
Ma la cosa più importante era
che dopo anni, rileggendo il brano, mi appariva del tutto chiaro.
Il Lettore bridgista
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