Il primo ottobre passato è
morto, all’età di 66 anni, lo scrittore Thomas
Leo Clancy Junior: un autore che ha portato ben 17 libri fino in vetta alle
classifiche di vendita. Come piccolo omaggio vorrei recensire (ma è solo una
scusa) il suo primo romanzo, dopo 27 anni dalla sua pubblicazione, quello che
lo ha portato al successo e da cui è stato tratto il film Caccia a Ottobre Rosso con protagonista Sean Connery.
In realtà, voci di
corridoio affermano che La grande fuga
dell’Ottobre Rosso, uscito in Italia nel 1986, non sia stato il primo
romanzo che Clancy ha scritto, essendo stato preceduto nella stesura da Uragano Rosso, pubblicato l’anno
successivo in seguito al successo del romanzo d’esordio (se ci si fa caso,
infatti, lo stile di Uragano Rosso è
più “grezzo”, meno maturo). Si dice anche che la vicenda dell’Ottobre Rosso gli
sia stata suggerita dalla notizia di una fregata che aveva tentato la
diserzione dalle fila della marina sovietica. Fatto sta che anche lui, come Frederick Forsyth, ha centrato il
bersaglio al primo tentativo e ha continuato poi ad inanellare centri su
centri: oltre alla serie su Jack Ryan
che conta sedici volumi, Clancy ha creato le altre nutrite serie Op-center,
Power Plays, Net Force Explorers e Splinter Cell, oltre a numerosi saggi su
tematiche militari, sceneggiature per videogiochi e altri romanzi extraserie.
Dalla sua Clancy aveva
un’ottima conoscenza della macchina amministrativa statunitense oltre che degli
ultimi ritrovati in fatto di armamenti e delle tattiche militari sia americane
che sovietiche, e questa conoscenza l’ha riversata a piene mani nei suoi
romanzi passando con disinvoltura dagli scontri nascosti della guerra fredda
alle lotte contro il narcotraffico e quindi al terrorismo. Per l’esercito e le armi aveva
una vera e propria passione: oltre a possedere un poligono sotterraneo privato
nel quale allenarsi con la sua Beretta
92FS, con i proventi dei suoi primi libri si era comperato un Hummer H1 e nientepopodimeno che un
carro armato M4 Sheridan del 1943,
ed era un socio emerito della famigerata National
Rifle Association, la potente lobby dell’industria delle armi. Ovviamente
era un repubblicano convinto.
Ma a parte le criticabili
passioni, Tom Clancy scriveva
veramente bene. Perlomeno finché i suoi libri li scriveva lui. Lo stile era
pulito, lineare, molto facile da seguire e mirato dritto al punto. Considerate
che uno dei suoi libri, Clear and
present danger (in italiano Pericolo
imminente), sono riuscito facilmente a leggerlo per intero anche in lingua
originale.
La serie su Jack Ryan, della quale La grande fuga dell’Ottobre Rosso è il
primo episodio, vede questo anonimo insegnante di storia, ex sottotenente del
corpo dei Marines, passare dall’essere un consulente esterno della CIA al
diventare il Presidente degli Stati Uniti, in fondo coronando quello che è il
più comune sogno americano, attraverso una serie di romanzi che si leggono
tutti d’un fiato e che nonostante la mole sono densi di tensione narrativa,
supportata da inneschi ripetuti della curiosità e dalle scene d’azione che si
succedono frequentemente. Nella Grande Fuga, per esempio, la spinta a
continuare a leggere è innescata fin da subito dalla diserzione del sottomarino
con tutto il suo equipaggio: ce la farà a scappare? Lo riprenderanno? E in
seguito è nutrita dall’inserimento di elementi destabilizzanti (i classici
“intoppi” narrativi), da trovate tecniche e scene d’azione che la mantengono
desta capitolo dopo capitolo fino alla risoluzione. Un gran libro. E una volta
tanto anche il film che ne hanno tratto è stato all’altezza dello scritto.
Quando Clancy, ormai ricco,
ha cominciato a pubblicare in collaborazione (con Steve Pieczenick, David
Michaels, Peter Telep e altri,
nel senso che lui forniva le idee, forse, o solamente il nome, e gli altri
scrivevano), la scrittura ha cominciato a decadere e ho smesso di leggerlo. Ma
i suoi primi romanzi sono ancora in bella mostra su uno dei principali scaffali
della mia libreria.
Il Lettore
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