In tutta la mia vita non ho
mai desiderato, nemmeno per un secondo, di andare in vacanza in crociera. Così come non mi ha mai
attirato andare a passare le vacanze in un villaggio turistico. Già non trovo
divertenti le notti in traghetto, e pensare di stare rinchiuso su una nave per
una settimana, circondato da gente frenetica che non fa altro che invitarti a
divertirti, è proprio fuori dalle mie corde. Dovessi andarci per lavoro mi potrebbe
anche interessare, ma per mia sfortuna sono laureato in vulcanologia, non in
geologia marina.
E David Foster Wallace probabilmente era sullo stesso tipo di corde,
anche se mi sembra azzardato ritenere che quella crociera possa essere stato
uno dei motivi per cui tredici anni dopo l’esperienza ha detto basta, stop, fatemi
scendere definitivamente da questa nave che sono saturo.
Una
cosa divertente che non farò mai più
è il resoconto appunto di una settimana in crociera ai Caraibi che all’autore
hanno pagato perché lui ne scrivesse il reportage
(la rivista Harper’s, tanto per completezza).
E lui si è “goduto” la
vacanza senza spendere un dollaro e poi lo ha scritto. Questo libro dunque è un
saggio, il racconto di una settimana
su una nave di lusso dall’imbarco all’approdo definitivo.
Anche se magari dubito che il
risultato possa aver soddisfatto del tutto i suoi committenti. Forse secondo
loro il resoconto avrebbe dovuto essere accattivante, magari avrebbe dovuto
invogliare altri possibili crocieristi, non far passare del tutto la voglia di salire su una nave di lusso.
E sì che lui ne ha parlato
anche bene.
Con il suo stile di scrittura
chiaro e lucido, Foster Wallace ha
analizzato il mondo delle super crociere di lusso: dalla pubblicità che ti invoglia a farne una al lusso più sfrenato; dall’equipaggio
che cerca di viziarti in ogni modo possibile agli ultimi ritrovati tecnologici di cui è dotata la nave; dalla scelta tra gli
infiniti divertimenti che sono
disponibili a bordo della nave ai cibi
più squisiti; dall’estremo nitore di
cui sei circondato al materiale umano
che affolla i porti di approdo, passando per la bellezza dei Caraibi, la “sconfinata distesa di lapislazzuli del cielo”,
e tutte le altre amenità che
dovrebbero (!) farti stare meglio di come tu ti sia mai sentito prima.
Ci ha provato, ha descritto
tutto e anche in modo molto positivo e divertente,
ma la sensazione di fondo che ne è scaturita è quella che se fosse restato a casa sarebbe stato molto meglio. A me piace, quando uno è capace
di usare il sarcasmo. Una cosa invece
fastidiosa della scrittura di Foster Wallace, peraltro ampiamente soddisfacente
per l’azzeccato uso di concatenazioni, subordinate e incisi che rendono i
periodi lunghissimi ma comunque chiari, è il massiccio uso di note a fondo
pagina, per meglio dire a fondo capitolo, che, se è abbastanza agevole leggerle
in un libro di carta, non lo è altrettanto in un e-book.
Vi riporto una frase tratta
dall’ultimo capitolo, che mi è sembrata ottima come compendio di ciò che ne ha pensato l’acuto gitante: “Qui viene alla luce un tratto essenziale
delle crociere extralusso: si viene intrattenuti da qualcuno a cui state
chiaramente antipatici e si ha la sensazione di meritare l’antipatia nel
momento stesso in cui ci si sente offesi”.
Il Lettore a cui piace Foster
Wallace e che non andrà mai a spassarsela in crociera