Va bene, basta così.
È più di una settimana che non pubblico nuovi post, e questo per
un motivo molto semplice: non riesco più a leggere durante il giorno a causa di
una miriade di impegni, e l’unico momento che ho a disposizione è la sera una
volta andato a letto. E se il libro che sto leggendo non è buono… nello spazio
di mezza pagina mi addormento con la faccia sopra al foglio e la luce accesa, e
addio buoni propositi di lettura.
È più di una settimana che
trascino in questo modo la lettura di questo Il labirinto ai confini del mondo. Mi sono stufato, anche se non
sono nemmeno a metà, e sono arrivato alla conclusione che dei destini di Ignazio da Toledo non me ne può fregare
di meno.
Del resto, dei tanto
decantati romanzi di Marcello Simoni questo
non è il primo che non riesco a terminare. Ci avevo provato con Il mercante di libri maledetti, solo
perché me lo aveva prestato un amico irretito dall’essersi trovato davanti a un
fenomeno mediatico gonfiato della
pubblicità che gli ha fatto vincere, immeritatamente, il Bancarella, e avevo
retto solo poche pagine: ritmo da scuola elementare, ingenuità a non finire,
trama trita e ritrita, dialoghi insulsi, senza contare il solito rifarsi all’esoterico
e al mistero senza motivazioni sostanziali.
Lo avevo schedato tra gli irrecuperabili dopo neanche 20 o 30
pagine. Ma poco tempo fa mi è capitato sotto mano questo “seguito”, anche
questo per caso, perché se ci avessi speso qualcosa mi sarei già sparato un
colpo, e visto che ormai ce l’avevo ho voluto riprovarci. Ben mi sta.
Devo dire che in questo caso
le ingenuità che avevo trovato nel
primo della serie sono state un pochino ridimensionate, soprattutto nello
stile, e la lettura scorre via più liscia. Di certo è merito dell’esperienza
acquisita dall’autore nello scrivere i precedenti della serie, perché non sono
così cattivo da essere convinto che qualche editor
si sia detto: “oh, stó tizio ha vinto il
Bancarella, i prossimi romanzi cerchiamo di sistemarglieli un po’ meglio…”.
Convinto no, ma pensato l’ho pensato.
Però restano i soliti arcani
(sette super segrete, misteriosi mantelli decorati in cerca del padrone…) che
hanno stufato e dei quali non ti
viene nessuna voglia che ti siano svelati; l’assenza di motivazioni concrete; i
personaggi senza spessore (o al contrario esagerati); l’enfasi nell’adoperare termini che “forse” andavano di moda nel 1200,
come putta per “puttana”, o l’insistenza di inserire in ogni pagina vocaboli in
latino (con spesso la traduzione in nota a pié pagina), forse per far vedere quanto
l’autore è colto. E anche in questo caso colui che dovrebbe essere il protagonista, questo fantomatico
Ignazio, appare molto poco e non fa nulla di nulla. Perlomeno fino a metà
libro. Poi forse si riscatterà anche, ma chissenefrega.
I dialoghi non sono
migliorati: restano insulsi anche in questa occasione, e l’unica cosa per la
quale posso ringraziare l’autore è che sono diverse sere che non ho alcuna
difficoltà ad addormentarmi.
Tradotto in 18 paesi… 1.000.000
di copie vendute nel mondo… recita la pubblicità di questo romanzo. Sarà.
Se fosse vero, sarebbe un’ennesima
dimostrazione di quanto il gusto e la capacità critica di una massa di lettori,
tutti quelli che l’hanno trovato “buono”, si siano imbarbariti fino a un punto di
non ritorno. Nient’altro che una conferma, purtroppo.
Il Lettore (proprio proprio
stufo, ma proprio)
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