sabato 9 aprile 2016

Il labirinto ai confini del mondo

Va bene, basta così.
È più di una settimana che non pubblico nuovi post, e questo per un motivo molto semplice: non riesco più a leggere durante il giorno a causa di una miriade di impegni, e l’unico momento che ho a disposizione è la sera una volta andato a letto. E se il libro che sto leggendo non è buono… nello spazio di mezza pagina mi addormento con la faccia sopra al foglio e la luce accesa, e addio buoni propositi di lettura.
È più di una settimana che trascino in questo modo la lettura di questo Il labirinto ai confini del mondo. Mi sono stufato, anche se non sono nemmeno a metà, e sono arrivato alla conclusione che dei destini di Ignazio da Toledo non me ne può fregare di meno.




Del resto, dei tanto decantati romanzi di Marcello Simoni questo non è il primo che non riesco a terminare. Ci avevo provato con Il mercante di libri maledetti, solo perché me lo aveva prestato un amico irretito dall’essersi trovato davanti a un fenomeno mediatico gonfiato della pubblicità che gli ha fatto vincere, immeritatamente, il Bancarella, e avevo retto solo poche pagine: ritmo da scuola elementare, ingenuità a non finire, trama trita e ritrita, dialoghi insulsi, senza contare il solito rifarsi all’esoterico e al mistero senza motivazioni sostanziali.
Lo avevo schedato tra gli irrecuperabili dopo neanche 20 o 30 pagine. Ma poco tempo fa mi è capitato sotto mano questo “seguito”, anche questo per caso, perché se ci avessi speso qualcosa mi sarei già sparato un colpo, e visto che ormai ce l’avevo ho voluto riprovarci. Ben mi sta.
Devo dire che in questo caso le ingenuità che avevo trovato nel primo della serie sono state un pochino ridimensionate, soprattutto nello stile, e la lettura scorre via più liscia. Di certo è merito dell’esperienza acquisita dall’autore nello scrivere i precedenti della serie, perché non sono così cattivo da essere convinto che qualche editor si sia detto: “oh, stó tizio ha vinto il Bancarella, i prossimi romanzi cerchiamo di sistemarglieli un po’ meglio…”. Convinto no, ma pensato l’ho pensato.
Però restano i soliti arcani (sette super segrete, misteriosi mantelli decorati in cerca del padrone…) che hanno stufato e dei quali non ti viene nessuna voglia che ti siano svelati; l’assenza di motivazioni concrete; i personaggi senza spessore (o al contrario esagerati); l’enfasi nell’adoperare termini che “forse” andavano di moda nel 1200, come putta per “puttana”, o l’insistenza di inserire in ogni pagina vocaboli in latino (con spesso la traduzione in nota a pié pagina), forse per far vedere quanto l’autore è colto. E anche in questo caso colui che dovrebbe essere il protagonista, questo fantomatico Ignazio, appare molto poco e non fa nulla di nulla. Perlomeno fino a metà libro. Poi forse si riscatterà anche, ma chissenefrega.
I dialoghi non sono migliorati: restano insulsi anche in questa occasione, e l’unica cosa per la quale posso ringraziare l’autore è che sono diverse sere che non ho alcuna difficoltà ad addormentarmi.
Tradotto in 18 paesi… 1.000.000 di copie vendute nel mondo… recita la pubblicità di questo romanzo. Sarà.
Se fosse vero, sarebbe un’ennesima dimostrazione di quanto il gusto e la capacità critica di una massa di lettori, tutti quelli che l’hanno trovato “buono”, si siano imbarbariti fino a un punto di non ritorno. Nient’altro che una conferma, purtroppo.
Il Lettore (proprio proprio stufo, ma proprio)

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