E scusate il giorno di
ritardo sul mio consueto ritmo di uscita dei post, ma ieri sono stato impegnato tutta la giornata ad assistere
ad un convegno di quelli in cui un
po’ di finti sapienti spendono un sacco di soldi degli enti di appartenenza (cioè
nostri) per sciorinare un mucchio di cazzate, per di più in modo noiosissimo, a
un pubblico del tutto disinteressato.
Parentesi lunghetta: tanto
per restare in tema di utilizzo della lingua italiana, lo sapete quali
sono le parole più comuni negli interventi esposti nei congressi? L’intercalare
più ricorrente, mediato dalla fazione più retorica degli esponenti della
sinistra italiana, è costituito dal verbo “diciamo…” ripetuto in media ogni 5
parole e nel 98% dei casi a sproposito: “…passo ora, diciamo… la parola,
diciamo… al dottor Pinco Pallino, diciamo…”, e dall’altro osceno termine “quantaltro”,
che sta chiaramente a significare che il relatore non sa lui stesso cosa cazzo
d’altro aggiungere alle puttanate esposte fino a quel momento (il ché succede
veramente troppo spesso). Spero vivamente che mi legga qualcuno dei relatori
del convegno di ieri.
E dopo lo sfogo,
perdonatemi anche questo, passiamo al libro
di oggi, che è veramente, veramente
interessante. L’ho finito di leggere proprio ieri mattina nel corso del convegno…
Mi è piaciuto molto, un
romanzo interessante fin da prima della prima pagina, fin da quella dedica dell'autrice “Alla British Airways” che verrà spiegata
solo all’interno dei ringraziamenti oltre la fine del libro, tra i quali
colpisce lo sperticato e criptico encomio al suo editor…
La
Mennulara è un romanzo
che penetra nel più profondo modo di pensare della provincia siciliana,
riferito sì alla metà dei trascorsi anni sessanta, ma reale ancora oggi senza
sostanziali variazioni. Una mentalità che ho trovato splendidamente riassunta
in una frase a pag. 205: “…Pietro Fatta e
padre Arena erano impassibili, esempi di quella abilità a dissimulare i propri
pensieri e sentimenti che i siciliani si bevono con il latte materno”.
Con la scusa di raccontare
la vita di Maria Rosaria Inzerillo,
la mennulara, che significa “raccoglitrice di mandorle”, Simonetta Agnello Hornby costruisce un
mosaico complesso di vita in un piccolo paese siciliano e lo fa portando ad
interagire le visuali di più protagonisti, spaziando su più piani temporali,
fino a rendere palesi tutte le molteplici sfaccettature di una donna dalla
personalità complessa e intrigante. La mennulara è un personaggio molto
particolare, che da povera ragazza di campagna finisce col diventare l’amministratrice
dei beni di una ricca famiglia decaduta; è amata e odiata, è benefattrice e
despota, angelo e arpia, ma soprattutto chiacchierata, e le azioni che ha
intrapreso nel corso della vita non sempre vengono capite e spesso sono
fraintese, fino a determinare quadri diversi della stessa persona in ognuno di
coloro che hanno avuto a che fare con lei.
Il merito di Simonetta Agnello Hornby è quello di
mostrare fatti e comportamenti e lasciare che il lettore si formi la sua idea,
spesso contrastante con quella dei protagonisti del romanzo che continuano ad
inseguire apparenze sbagliate. L’autrice sa evocare la tragedia, sa portare il
lettore ad immaginare che accada qualcosa di irreparabile prima ancora di porne
le basi, e sa intrecciare il tutto in un collage
complesso ma chiarificatore del modo in cui si interagiva, e come lo si fa
tuttora, in ambienti che mostra di conoscere perfettamente.
A differenza di Camilleri,
il romanzo non è scritto in dialetto ma in un italiano fluente che riflette
solo un poco le inflessioni della lingua sicula, e questo lo dico per tutti
coloro a cui piacerebbe Montalbano ma non sopportano di leggerne il dialetto
(chi vuol capire capisca, mizzica…).
E pensare che questo è
stato il suo primo romanzo. A questo
punto penso proprio che leggerò anche gli altri due della Hornby che mi trovo
in casa, tra i libri della consorte, e che fino ad ora avevo snobbato per uno
stupido senso di diffidenza: un altro autore avvocato… di sicuro sarà
raccomandata… vattelapesca come scrive…
Va be’, saper cambiare idea
è un segno d’intelligenza, no?
Il Lettore
gentile (mica tanto) freereader, condivido e sottoscrivo le sue osservazioni sulla quantità di interesse che certi convegni nostrani riescono a suscitare nei malcapitati che vanno a comporre il pubblico. Per quanto riguarda il libro, non l'ho letto ma se non è scritto in Camilleriano stretto potrei pensarci. Buona giornata
RispondiEliminaGentile (tu sicuramente sì) Anonimo, ti confermo che il romanzo è scritto in italiano e anche ottimamente. Se sei interessato alla Sicilia e alle sue usanze potresti trovarlo anche tu un buon romanzo. Buona giornata anche a te.
RispondiElimina