lunedì 8 dicembre 2014

Il Circolo Dante

Avrebbe anche potuto rappresentare una buona iniziativa, le premesse c’erano tutte: l’aprire il pubblico americano alle tematiche di Dante Alighieri, sfruttare l’onda montante dei romanzi storici, l’intreccio fra letteratura e thriller, i primi tentativi di una parificazione razziale, una buona dose di mistero e qualche omicidio che ci sta sempre bene.

Ma non tutti si chiamano Umberto Eco.


E in effetti questo autore qui, che si chiama Matthew Pearl, ci ha provato: ha preso una situazione storica reale – gli Stati Uniti subito dopo la guerra di secessione – ha messo insieme un gruppo di letterati realmente esistiti nella colta Boston dell’epoca e li ha incaricati di tradurre la Commedia in inglese osteggiati dal resto del gotha universitario; quindi ha cominciato ad ammazzarli – a farli ammazzare – con criteri che richiamano le bolge dantesche, ha messo un poliziotto di colore ad indagare e ha pasticciato un po’ fino alla risoluzione del dilemma e alla scoperta dell’assassino.
Ma – dicevo – l’autore non si chiama Umberto Eco, non si chiama John Grisham e nemmeno Roberto Benigni, e sebbene abbia anche dimostrato una buona conoscenza della materia da cui ha preso spunto, come risultato dei suoi sforzi non è venuto fuori altro che un polpettone noiosissimo che ho terminato a fatica e dopo cinque minuti è caduto nel dimenticatoio.
Esistono libri che, pur non sapendone individuare una ragione precisa, sono talmente noiosi e insignificanti che non si reggono. A volte basta un’inezia, una parola sbagliata, un periodo costruito meno che bene, per trasformare un buon libro in un libro illeggibile; altre volte la resa formale può ingannare ed è nel significato del testo che bisogna ricercare le ragioni di una mancanza. Altre volte ancora l’autore non riesce ad inserire quegli spunti che rendono i personaggi interessanti e la vicenda eccitante. Se vogliamo restare nell’ambito dei romanzi storici, di Gary Jennings e di Ken Follett, tanto per citarne un paio, ne esistono pochi. Ogni tanto un editore pompa con la pubblicità una giovane promessa, come in questo caso, ma il più delle volte l’assenza di spessore viene subito alla luce.
Va be’, dimentichiamolo.
Ma a proposito del venire alla luce, tanto per restare in tema dantesco vi diletterò con la quartina terminale del Purgatorio, la meno conosciuta tra le finali di cantica e anche quella che mi si confà meglio, dal momento che io non sono talmente maligno da meritarmi l’inferno né abbastanza buono da poter finire in paradiso:
Io ritornai da la santissima onda
rifatto sì come piante novelle
rinovellate di novella fronda,
puro e disposto a salire a le stelle.
Puri e disposti magari lo saremo anche, ma ce lo meriteremo?
Il Lettore 

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