Che già non si capisce
perché il titolo è scritto minuscolo e senza
lo spazio tra “una” e “storia”, se non a significare uno schiribizzo
momentaneo dell’autore dietro al quale fior di critici si saranno scervellati
per andare a rintracciarne gli intendimenti più reconditi.
E magari li avranno pure
trovati.
Poveretti.
Sarà che a me Gipi non è mai piaciuto.
Fin dalla sua prima opera
che ho letto: Baci dalla provincia.
Non mi ha lasciato nulla, nemmeno il piacere di ammirarne il tratto, e nemmeno
mi ricordo il contenuto dei racconti. Sarà che da subito non mi è piaciuto lo
stile dei disegni ingenui tanto da sfiorare una grezzaggine da incompetente,
con quei nasi invariabilmente a punta a corredo di crani microcefali su corpi
ipertrofici, le espressioni assenti come le sceneggiature.
Ma dal momento che
quell’opera è stata giudicata dai critici come un capolavoro… mi rimetto, taccio, sicuramente loro ne capiscono
più di me.
A pensarci bene, ritengo
che sarei capacissimo di scrivere
una recensione inneggiante a questa graphic
novel dal titolo minuscolo mancante di uno spazio, non ne dubitate, se
fossi un critico potrei rimarcarne le atmosfere felliniane, il contrasto tra
l’antico e il contemporaneo, i dubbi e le angosce dell’invecchiare insieme alla
tragedia dell’esistenza umana.
Ma non lo farò.
Perché neanche questastoria mi è piaciuta.
Gipi, al secolo Gianni Pacinotti, è comunque uno in gamba. Di sicuro. Si vede dalla
presunta profondità dei contenuti, ma anche dalla naturalezza, dalla
spontaneità e dall’interesse che riesce a suscitare nel corso delle interviste
che concede. E sa giocare con i critici che lo apprezzano a tal punto da
proporre la candidatura di unastoria
al Premio Strega. Lui, di sicuro, lo sa benissimo di disegnare male, e allora
che cosa ti inventa? Un’opera dal titolo La
mia vita disegnata male, che i critici non possono far altro che lodare per
la plateale ammissione intrinseca e l’ammirevole modestia, che proprio per
questo assume una valenza superiore e guai che qualcuno si sogni di dire ma questo fa proprio schifo!, darebbe
mostra di non capire un accidente dell’Arte con la A maiuscola.
All’epoca non l’ho detto
nemmeno io, ma solo perché stavo sfogliando quell’opera in una stanza assieme a
una decina di ammiratori sfegatati del Pacinotti che mi avrebbero sbranato all’istante. Ma sono bastate
poche pagine per farmelo pensare.
Comunque, il fatto che unastoria di Gipi non mi abbia soddisfatto non significa nulla. È solo un mio
parere personale che i disegni non mi siano piaciuti, che il lettering sia trascurato (ma
naturalmente ciò è fatto apposta, è Arte),
che la storia manchi totalmente di motivazioni e di un finale, che sia troppo
lenta e che ti lasci come ti ha trovato. Sarò io che non l’avrò capita, mi sarà
sfuggito di certo qualcosa e forse fareste meglio a dar retta a tutti i
critici.
Be’, però in fondo alcune delle
tavole ad acquerello le ho apprezzate.
Quelle in cui non ci sono
persone, intendo.
Il Lettore
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