giovedì 17 luglio 2014

unastoria

Che già non si capisce perché il titolo è scritto minuscolo e senza lo spazio tra “una” e “storia”, se non a significare uno schiribizzo momentaneo dell’autore dietro al quale fior di critici si saranno scervellati per andare a rintracciarne gli intendimenti più reconditi.
E magari li avranno pure trovati.

Poveretti.


Sarà che a me Gipi non è mai piaciuto.
Fin dalla sua prima opera che ho letto: Baci dalla provincia. Non mi ha lasciato nulla, nemmeno il piacere di ammirarne il tratto, e nemmeno mi ricordo il contenuto dei racconti. Sarà che da subito non mi è piaciuto lo stile dei disegni ingenui tanto da sfiorare una grezzaggine da incompetente, con quei nasi invariabilmente a punta a corredo di crani microcefali su corpi ipertrofici, le espressioni assenti come le sceneggiature.
Ma dal momento che quell’opera è stata giudicata dai critici come un capolavoro… mi rimetto, taccio, sicuramente loro ne capiscono più di me.
A pensarci bene, ritengo che sarei capacissimo di scrivere una recensione inneggiante a questa graphic novel dal titolo minuscolo mancante di uno spazio, non ne dubitate, se fossi un critico potrei rimarcarne le atmosfere felliniane, il contrasto tra l’antico e il contemporaneo, i dubbi e le angosce dell’invecchiare insieme alla tragedia dell’esistenza umana.
Ma non lo farò.
Perché neanche questastoria mi è piaciuta.
Gipi, al secolo Gianni Pacinotti, è comunque uno in gamba. Di sicuro. Si vede dalla presunta profondità dei contenuti, ma anche dalla naturalezza, dalla spontaneità e dall’interesse che riesce a suscitare nel corso delle interviste che concede. E sa giocare con i critici che lo apprezzano a tal punto da proporre la candidatura di unastoria al Premio Strega. Lui, di sicuro, lo sa benissimo di disegnare male, e allora che cosa ti inventa? Un’opera dal titolo La mia vita disegnata male, che i critici non possono far altro che lodare per la plateale ammissione intrinseca e l’ammirevole modestia, che proprio per questo assume una valenza superiore e guai che qualcuno si sogni di dire ma questo fa proprio schifo!, darebbe mostra di non capire un accidente dell’Arte con la A maiuscola.
All’epoca non l’ho detto nemmeno io, ma solo perché stavo sfogliando quell’opera in una stanza assieme a una decina di ammiratori sfegatati del Pacinotti che mi avrebbero sbranato all’istante. Ma sono bastate poche pagine per farmelo pensare.
Comunque, il fatto che unastoria di Gipi non mi abbia soddisfatto non significa nulla. È solo un mio parere personale che i disegni non mi siano piaciuti, che il lettering sia trascurato (ma naturalmente ciò è fatto apposta, è Arte), che la storia manchi totalmente di motivazioni e di un finale, che sia troppo lenta e che ti lasci come ti ha trovato. Sarò io che non l’avrò capita, mi sarà sfuggito di certo qualcosa e forse fareste meglio a dar retta a tutti i critici.
Be’, però in fondo alcune delle tavole ad acquerello le ho apprezzate.
Quelle in cui non ci sono persone, intendo.
Il Lettore 

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