lunedì 21 luglio 2014

I segreti di New York

Fosse per me, questo è uno di quei libri che non avrei mai letto.

Non che abbia qualcosa contro Corrado Augias, non mi ha fatto proprio nulla, ma non mi sarebbe mai passato per la mente di leggere un suo libro, né tantomeno di comperarlo. Stessa cosa, del resto, per gli altri giornalisti sia televisivi che della carta stampata, da Vespa a Santoro, da Pansa a diocenescampi Gramellini.


Ma l’altra mattina, tanto bene, il mio alter ego letterario, quello che in altri post avevo chiamato Sergio, è sceso dalla macchina porgendomi questo libro e dicendo: “Tieni, stroncalo tu…”, scaricando quindi su di me la rabbia che aveva con se stesso per aver sprecato ben 5 euri al solito negozietto di libri usati (anche lui non l’avrebbe mai preso, da nuovo).
La cosa ovvia è che così facendo ha stuzzicato la mia curiosità e, appena terminato di leggere i volumi dei quali avete letto le recensioni nei giorni scorsi, l’ho aperto subito per capire il perché a lui non fosse piaciuto.
Diciamo subito che a differenza sua non l’ho trovato così orrendo da dover essere stroncato: del resto è sempre scritto da un giornalista che sa fare il suo mestiere, con un suo stile consolidato, con un mestiere affinato nel corso degli anni. Solo che il pretendere di svelare I segreti di New York in 340 pagine mi sa come tentare di spiegare la Teoria delle Stringhe prendendo come esempio i lacci delle scarpe. Il titolo avrebbe dovuto limitarsi ad essere Qualcuno dei segreti di New York, ma così avrebbe sicuramente venduto di meno, o ancora meglio, parodiando la Wertmuller, Alcuni dei segreti di alcuni dei personaggi che hanno vissuto più o meno a lungo a New York in un qualche periodo della loro vita.
Perché il libro non è altro che questo: il racconto di alcuni fatti che sono successi ad alcuni personaggi, più o meno noti, che sono transitati per la grande Mela: da Melville a La Guardia, da Poe a Petrosino a Meucci eccetera, solo alcuni, scelti non si sa con quale criterio, tra i milioni di persone che hanno abitato la metropoli. Va be’, certo, non è che si poteva stare a raccontare i segreti di tutti.
E non nego che alcuni di questi segreti siano anche interessanti e accrescano il bagaglio di cultura generale di chi ne venga edotto, ma tutto sommato il libro si riduce a una lettura alle volte anche noiosetta, quando non confusionaria per la notevole quantità di allacci e rimandi che condiscono quasi tutte le storie. E resta sempre il dubbio su quali saranno stati i segreti di tutti quelli che Augias non ha nominato.
E poi certo, se magari potrebbe essere anche stato interessante sapere i particolari delle procedure di smistamento degli immigrati a Ellis Island, del venire a conoscenza delle misure spropositate del pene di Basquiat ne avrei potuto fare tranquillamente a meno.
Il Lettore

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