Penso di essere stato fra
le prime persone che hanno letto Io
uccido, perché la mia ammirazione per Giorgio
Faletti come comico era tanta che l’ho comperato a scatola chiusa appena
uscito in libreria nel 2002.
Ricordo che mi piacque, un
bel thriller, magari non così eccezionale come poi è stato dipinto da tutti
dopo che ha venduto più di quattro milioni di copie, e già condito di quelle
esagerazioni a malapena credibili forse indotte dall’amicizia dell’autore con Jeffrey Deaver. Ma era comunque una conferma delle doti
poliedriche di questo artista che è riuscito a farsi apprezzare dapprima sul
palcoscenico come attore, comico, cabarettista e cantante, e poi come scrittore
e pittore. Per essere un debutto nella scrittura, poi, Io uccido ha raggiunto delle vette difficilmente uguagliabili, al
pari de Il nome della rosa.
Come scrittore Faletti è
stato da molti criticato sia per lo stile che, appunto, per le esagerazioni, e
in effetti le opere che hanno seguito l’esordio hanno registrato un progressivo
calo di gradimento per le trovate narrative non proprio azzeccate, fino
all’uscita di Appunti di un venditore di
donne che è stato come un colpo di reni: sebbene non abbia entusiasmato la
critica, a me è piaciuto molto e reputo ancora che sia la sua opera migliore.
L’altro ieri sono rimasto
amareggiato dalla notizia della morte prematura di quest’uomo che ha saputo
esprimersi ed emergere in molteplici ruoli nel panorama artistico italiano e
che ha segnato un passo importante nella narrativa. Sarà impossibile
dimenticarlo, sia nei panni di cantante a Sanremo, sia in quelli della caustica
Suor Daliso delle “Piccole Madri
Addolorate del Beato Albergo del Viandante e del Pellegrino”, sia rivestito del
pancione di un Vito Catozzo dalla
sintassi allucinante.
Sia come grande scrittore.
Il Lettore
Ricordo benissimo il momento in cui mi giunse la notizia della morte di Faletti.
RispondiEliminaEro a Vallecrosia, al mare, nella località che amo di amore puro.
In quel luogo incontaminato dove scoprii lo stile di scrittura sublime di Faletti.
Mi diede la notizia una mia collega, sua amica d'infanzia che abitava nel pressi di Alba ed era lì con me.
Pensai immediatamente che io e tutti gli altri che lo avevamo compreso nella sua vita non avremmo più goduto di quello che lui era capace di realizzare con le sue arti.