domenica 6 luglio 2014

Io uccido

Penso di essere stato fra le prime persone che hanno letto Io uccido, perché la mia ammirazione per Giorgio Faletti come comico era tanta che l’ho comperato a scatola chiusa appena uscito in libreria nel 2002.


Ricordo che mi piacque, un bel thriller, magari non così eccezionale come poi è stato dipinto da tutti dopo che ha venduto più di quattro milioni di copie, e già condito di quelle esagerazioni a malapena credibili forse indotte dall’amicizia dell’autore con Jeffrey Deaver.  Ma era comunque una conferma delle doti poliedriche di questo artista che è riuscito a farsi apprezzare dapprima sul palcoscenico come attore, comico, cabarettista e cantante, e poi come scrittore e pittore. Per essere un debutto nella scrittura, poi, Io uccido ha raggiunto delle vette difficilmente uguagliabili, al pari de Il nome della rosa.
Come scrittore Faletti è stato da molti criticato sia per lo stile che, appunto, per le esagerazioni, e in effetti le opere che hanno seguito l’esordio hanno registrato un progressivo calo di gradimento per le trovate narrative non proprio azzeccate, fino all’uscita di Appunti di un venditore di donne che è stato come un colpo di reni: sebbene non abbia entusiasmato la critica, a me è piaciuto molto e reputo ancora che sia la sua opera migliore.
L’altro ieri sono rimasto amareggiato dalla notizia della morte prematura di quest’uomo che ha saputo esprimersi ed emergere in molteplici ruoli nel panorama artistico italiano e che ha segnato un passo importante nella narrativa. Sarà impossibile dimenticarlo, sia nei panni di cantante a Sanremo, sia in quelli della caustica Suor Daliso delle “Piccole Madri Addolorate del Beato Albergo del Viandante e del Pellegrino”, sia rivestito del pancione di un Vito Catozzo dalla sintassi allucinante.
Sia come grande scrittore.
Il Lettore

1 commento:

  1. Ricordo benissimo il momento in cui mi giunse la notizia della morte di Faletti.
    Ero a Vallecrosia, al mare, nella località che amo di amore puro.
    In quel luogo incontaminato dove scoprii lo stile di scrittura sublime di Faletti.
    Mi diede la notizia una mia collega, sua amica d'infanzia che abitava nel pressi di Alba ed era lì con me.
    Pensai immediatamente che io e tutti gli altri che lo avevamo compreso nella sua vita non avremmo più goduto di quello che lui era capace di realizzare con le sue arti.

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