martedì 15 luglio 2014

Giorno da cani

Era da parecchio tempo che volevo recensire Alicia Gimenéz-Bartlett, e l’occasione è arrivata sotto forma di questo Giorno da cani che ho trovato a ben 4 euro la settimana scorsa al solito negozietto di libri usati.


Il volumetto andrà ad impinguare lo scaffale dove già hanno trovato posto diverse altre avventure dell’ispettrice Petra Delicado, che insieme al Pepe Carvalho di Manuel Vázquez Montalbán forma la coppia più stravagante di investigatori operanti in una Barcellona fervente di cambiamenti. Ma se Carvalho è il frutto delle vicende politiche spagnole, del confronto tra la sinistra e il dopo-Franco, la Delicado è figlia dell’innovazione e del risveglio della coscienza femminile in una Spagna non ancora del tutto matura.
Il genere di questo giallo, come anche degli altri in cui è protagonista la Delicado, appartiene al filone in cui, dal momento che l’ispettrice narra in prima persona, l’indagine su un omicidio si dipana man mano che procede il romanzo e il lettore ne segue gli sviluppi venendo a conoscenza delle novità solo quando le scoprono gli investigatori. Ma l’indagine rappresenta solo una parte del contenuto del romanzo, perché la Gimenéz-Bartlett ama soffermarsi a lungo anche sulla vita privata dei protagonisti, sulla loro umanità, sui loro amori privati e sul loro interesse per la buona tavola.
Il tutto fa sì che la vicenda raggiunga le 400 pagine quando per raccontarla ne sarebbero tranquillamente bastate la metà, ma in fondo è una prolissità che si legge volentieri e che fa solamente sorridere quando le vicissitudini di Petra Delicado e del suo vice Firmìn Garzòn rasentano un’ingenuità infantile disarmante e alle volte anche un po’ stucchevole.
Gli accadimenti sia professionali che personali si susseguono e si intersecano fornendo ritmo alla narrazione ma anche qualche discrepanza: è mai possibile che una conclusione lapalissiana fondamentale per le indagini venga fuori solo a pagina 290? Un qualsiasi altro detective scalcagnato ci sarebbe arrivato molto prima. Ma tant’è. La miscela di privato e professionale che diluisce la storia prosegue fino al termine e lascia spazio ad un approfondimento che si sviluppa anche negli altri romanzi successivi a questo, nei quali si ritrovano gli stessi ritmi oltre agli stessi protagonisti e a ingenuità simili.
Un punto di merito che va attribuito all’autrice è invece quello di aver imbastito il tema del romanzo su un argomento scottante preso come spunto anche da altri scrittori odierni, non ultimo Andrea Camilleri: il turpe commercio illegale di cani destinati alla sperimentazione farmaceutica o ai combattimenti clandestini.
Anche se non raggiunge la forza palesata da un Hans Ruesch o da un John M. Coetzee, la condanna verso tali pratiche emerge potente anche da questo giallo, e ti porta a sentirti schifato dagli esseri umani (?) che ne fanno un commercio, insensibili a qualsiasi sentimento nei confronti di poveri animali considerati alla stregua di oggetti inanimati. Quando sento parlare di queste cose (ma anche di altre…), la mia ripugnanza nei confronti di alcuni appartenenti al genere umano cresce fino al punto di trovare inadeguata la pena di morte.
Nel senso che sarebbe una punizione troppo leggera.
Il Lettore

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