venerdì 4 luglio 2014

Libero chi legge

Della serie “Libri che parlano di libri”, oggi siamo in presenza della Signora della Letteratura italiana, o meglio della Signora Italiana della Letteratura mondiale, o meglio ancora della “Signora” e basta. Togliamoci il cappello.


Ho ripreso in mano Libero chi legge per andare a riguardarmi il giudizio (per Mondadori, giudizio editoriale n. 286) che Fernanda Pivano aveva espresso il 16 settembre 1957 nei confronti di On the road di Jack Kerouac, dopo averne letto la prima copia ancora fresca di stampa fornitale da Hannah Josephson, per trasmetterlo a mia volta ad un’amica entusiasta di questo romanzo che era rimasta piuttosto male quando le avevo detto che a me non era piaciuto.
«Non è possibile…» mi aveva risposto, «è stupendo!»
«Non ne metto in dubbio la valenza storica, ma come romanzo l’ho trovato piuttosto noioso” avevo detto io.
«Noioso? Ma come fai a dirlo?»
«Lo dico, e non sono il solo a pensarlo».
«Non ci credo…» aveva concluso.
Così le ho fornito le prove mandandole il brano in cui la Pivano, oltre ad affermare: “Il libro non è forse un capolavoro ed è pieno di difetti…” insisteva dicendo che è lungo e che Kerouac ha sbagliato protagonista, ma nonostante ciò concludeva intravedendo in esso e nel suo autore il simbolo di un’intera generazione. E il suo giudizio si è rivelato ancora una volta profetico.
Fernanda Pivano era un Grande (volevo dire una Grande, ma suona male). Una vita passata sui libri, una vita di amicizie con i maggiori scrittori, primo fra tutti Ernest Hemingway, che hanno marcato un secolo, una protagonista indiscussa della scena culturale di tutta la seconda metà del Novecento. Le sue critiche e i suoi apprezzamenti vanno gustati alla pari dei libri stessi che commenta, vanno riguardati, ripresi in mano ogni tanto per cercare di apprezzare quello spunto in più che lei ha sempre saputo cogliere nei testi che  leggeva. Pagine americane 1943-2005 è un libro che tengo sempre vicino alla mia postazione di lavoro e che consulto spesso quando devo cercare un paragone o confrontare una similitudine stilistica.
Senza considerare la Fernanda Pivano Autrice: il suo Hemingway del 1985 è una delle migliori biografie che io abbia mai letto.
In Libero chi legge sono raccolti 100 suoi commenti a 100 libri, raggruppati (non si riesce a capire bene se da lei stessa o dall’editore dopo la sua morte) sulla base dell’idea di Libertà: Libertà dalla morale, Libertà sessuale, Libertà di parola e Libertà dalla violenza. Ogni testo analizzato apporta qualcosa a quel concetto di Libertà che è sempre stato ai primi posti nell’elenco delle priorità della Pivano. E si passa quindi per i più famosi da Kerouac a Hemingway, da Masters a Chandler, da Miller a Foster Wallace a Leavitt a Easton Ellis a tanti altri, senza tralasciare i meno conosciuti Thompson, Tyler o Hellman e altri. Un’antologia di commenti che fornisce, oltre ad un giudizio critico più che competente, una serie di consigli, di suggerimenti su libri da scegliere per impolpare la propria libreria e la propria cultura.
In ogni caso il messaggio resta sempre quello suo più forte: Leggere rende Liberi.
Il Lettore

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