Della serie “Libri che parlano di libri”, oggi siamo
in presenza della Signora della Letteratura italiana, o meglio della Signora
Italiana della Letteratura mondiale, o meglio ancora della “Signora” e basta. Togliamoci il
cappello.
Ho ripreso in mano Libero chi legge per andare a
riguardarmi il giudizio (per Mondadori, giudizio editoriale n. 286) che Fernanda Pivano aveva espresso il 16
settembre 1957 nei confronti di On the
road di Jack Kerouac, dopo
averne letto la prima copia ancora fresca di stampa fornitale da Hannah Josephson, per trasmetterlo a
mia volta ad un’amica entusiasta di questo romanzo che era rimasta piuttosto
male quando le avevo detto che a me non era piaciuto.
«Non è possibile…» mi aveva risposto, «è
stupendo!»
«Non ne metto in dubbio la valenza
storica, ma come romanzo l’ho trovato piuttosto noioso” avevo detto io.
«Noioso? Ma come fai a dirlo?»
«Lo dico, e non sono il solo a pensarlo».
«Non ci credo…» aveva
concluso.
Così le ho fornito le prove
mandandole il brano in cui la Pivano, oltre ad affermare: “Il libro non è forse un capolavoro ed è pieno di difetti…” insisteva
dicendo che è lungo e che Kerouac ha sbagliato protagonista, ma nonostante ciò
concludeva intravedendo in esso e nel suo autore il simbolo di un’intera generazione.
E il suo giudizio si è rivelato ancora una volta profetico.
Fernanda
Pivano era un Grande
(volevo dire una Grande, ma suona male). Una vita passata sui libri, una vita
di amicizie con i maggiori scrittori, primo fra tutti Ernest Hemingway, che hanno marcato un secolo, una protagonista
indiscussa della scena culturale di tutta la seconda metà del Novecento. Le sue
critiche e i suoi apprezzamenti vanno gustati alla pari dei libri stessi che
commenta, vanno riguardati, ripresi in mano ogni tanto per cercare di
apprezzare quello spunto in più che lei ha sempre saputo cogliere nei testi che
leggeva. Pagine americane 1943-2005 è un libro che tengo sempre vicino alla
mia postazione di lavoro e che consulto spesso quando devo cercare un paragone
o confrontare una similitudine stilistica.
Senza considerare la Fernanda Pivano Autrice: il suo Hemingway del 1985 è una delle migliori
biografie che io abbia mai letto.
In Libero chi legge sono raccolti 100 suoi commenti a 100 libri,
raggruppati (non si riesce a capire bene se da lei stessa o dall’editore dopo
la sua morte) sulla base dell’idea di Libertà:
Libertà dalla morale, Libertà sessuale, Libertà di parola e Libertà dalla
violenza. Ogni testo analizzato apporta qualcosa a quel concetto di Libertà che
è sempre stato ai primi posti nell’elenco delle priorità della Pivano. E si
passa quindi per i più famosi da Kerouac a Hemingway, da Masters a Chandler, da
Miller a Foster Wallace a Leavitt a Easton Ellis a tanti altri, senza
tralasciare i meno conosciuti Thompson, Tyler o Hellman e altri. Un’antologia
di commenti che fornisce, oltre ad un giudizio critico più che competente, una
serie di consigli, di suggerimenti su libri da scegliere per impolpare la
propria libreria e la propria cultura.
In ogni caso il messaggio resta
sempre quello suo più forte: Leggere
rende Liberi.
Il Lettore
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