lunedì 4 febbraio 2019

L’ultima carta è la morte


Dopo aver dato l’addio a Enrico VIII e a Margaret George mi sono buttato sul noir.
L’ultima carta è la morte è la seconda puntata di un’altra serie realizzata da Arturo Perez-Reverte dopo quella del Capitano Alatriste (che non mi è piaciuta per niente) e diversi altri romanzi “liberi”.
Il modo di scrivere di Arturo Perez-Reverte invece mi soddisfa, tanto che in passato ho letto diversi dei suoi romanzi, dei quali su questo blog ho recensito solamente Il pittore di battaglie.



In questa saga in più puntate l’autore spagnolo si cimenta con uno degli episodi più crudeli e sanguinosi della storia spagnola: quella guerra civile che nella seconda metà degli anni ’30 funestò l’intera penisola iberica e portò alla dittatura di Francisco Franco
Il protagonista Lorenzo Falcò è un agente al servizio della destra fascista. Un protagonista dai modi di fare stereotipati e un pochino sopra le righe: belloccio, veste sempre bene, ha successo con le donne, quando fa a cazzotti prima le busca ma poi vince e, ovviamente, essendo il protagonista della serie sai già dall’inizio che alla fine non morirà.
Già il fatto che combatta per la destra franchista fa un po’ storcere il naso, ma considerando che in quella guerra si sono macchiati di estreme nefandezze entrambi i fronti ci si può anche passare sopra.
Dicono che questa ripresa sia migliore dell’episodio con cui la serie è esordita ma a me, proprio perché il protagonista è sembrato un po’ come Timothy Dalton nei panni di James Bond (cioè con poco spessore nonostante ce la metta tutta), ha fatto l’effetto di una medicina omeopatica: lascia il tempo che trova.
Con tutto questo comunque il romanzo si lascia leggere, l’ambientazione è particolareggiata e la vicenda degna di interesse.
Del resto l’autore ce la mette tutta per apparire neutrale: si tiene in equilibrio tra le due fazioni in lotta cercando di non sbilanciarsi da una parte o dall’altra, trovando ragioni plausibili anche per i comportamenti più criticabili; fa sembrare simpatici anche i comprimari più crudeli; fornisce giustificazioni che facciano comprendere la necessità dei delitti più efferati e ha una parola di attenuazione della colpa per ognuno dei due schieramenti.
Fatto sta che anche quella guerra di morti ne ha fatti decine di migliaia in un paese che ancora oggi non si è ripreso del tutto da uno dei suoi periodi più neri, e l’ambientarvi un noir non ha lo stesso effetto che dipingere un Guernica.
Il Lettore



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