Nei momenti in cui la mia misantropia
si fa più prepotente non mi dispiacerebbe ritirarmi in una vecchia torre di guardia
della costa spagnola, a chilometri dal posto abitato più vicino, e perché no,
accingermi a dipingere sul muro circolare della fortificazione un immenso
affresco raffigurante una battaglia.
Peccato che io non sappia
minimamente disegnare. E che mia moglie mi costringerebbe a optare per la costa greca.
Un libro triste, questo di Arturo Pérez-Reverte, che ricorda, nel
tempo apparentemente infinito di esecuzione dell’affresco, la vacuità
ineluttabile de Il deserto dei tartari.
Ma se nel romanzo di Dino Buzzati il
nemico non arriva mai, per Faulques,
il protagonista de Il pittore di
battaglie, la nemesi compare sotto forma di un vecchio soldato pronto a
ricordargli quel passato che lui voleva dimenticare.
Questo romanzo è
sicuramente uno dei migliori dello scrittore spagnolo, perlomeno tra quelli che
ho letto (che sono parecchi). Lo stile è al consueto pacato e preciso, più
profondo rispetto alla saga del Capitano
Alatriste e meno scanzonato di quello usato in Il Club Dumas; non vi sono inseriti enigmi come in La carta sferica o biografie
particolari come quella de La Regina del
Sud. Pérez-Reverte attinge ai suoi ricordi di reporter di guerra e all’amore
per l’arte, e costruisce una trama basata su numerosi flashback nei quali indugia a trattare di fotografia e di opere
pittoriche di autori famosi.
Leggendo, gli appassionati
non potranno fare a meno di pensare alle raffigurazioni scioccanti di Don McCullin, alle tragiche morti di Robert Capa e Gerda Taro, al Guernica
di Picasso e, sotto sotto, saranno
coinvolti in quel concetto di “cultura
salvatrice dagli abissi di barbarie” che non è mai stato tanto vero come al
giorno d’oggi. Nei dialoghi tra i due protagonisti l’autore sembra interrogarsi
sul passato e sul futuro, sotto forma dell’accettazione o meno di un destino
preconfezionato, ma la fine che ha scelto per il romanzo fa sembrare che sia
stato sopraffatto dalla sua vena più pessimista.
Nonostante ciò, quella
vecchia torre continua ad esercitare su di me un’attrazione maliziosa.
Che poi sia Spagna o
Grecia, l’importante sarebbe il mare, la spiaggia e gli scogli, colline e
boschi alle spalle, una montagna di libri e le mie motoseghe, e una
considerevole dose di difficoltà per il suo raggiungimento che mi auguro scoraggerebbe
una buona quantità di potenziali rompicoglioni.
Il Lettore
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