giovedì 17 gennaio 2019

Per ridere aggiungere acqua


Per riprendermi dalla delusione indotta dal pisano con il suo saggio gastronomico, e permettere all’autore di risalire nella mia considerazione, ho letto subito un altro saggio dello stesso Marco Malvaldi, stavolta sull’umorismo (e chi meglio di lui? Per lo meno ha dimostrato di saperlo utilizzare. E ne ho già pronti altre quattro o cinque dello stesso autore che mi aspettano, come altri di Murakami ecc., ma fatemi un pochino variare…).
Come recita lo stesso sottotitolo: Piccolo saggio sull’umorismo e il linguaggio, stavolta il protagonista dello studio è il “che cosa scatena le risate”, analizzato con la mentalità scientifica dell’autore.
Almeno in questo caso non ci sono di mezzo bambini.



Come deve funzionare la struttura del linguaggio per poter far in modo che si inneschi il meccanismo di ridere? Che cosa è necessario?
Marco Malvaldi tira in causa numerosi personaggi, da scrittori di notevole peso come Umberto Eco e Jorge Luis Borges a scienziati (principalmente Daniel Kahneman e Amos Tversky) che hanno lavorato sull’argomento, psicologi, esperti di linguaggio, informatici.
La domanda che ricorre nel libro è quella se sia possibile insegnare l’umorismo ad un computer e fare in modo che possa ridere anche questo, o se l’umorismo sia una caratteristica esclusivamente del genere umano. Come potrebbe, per esempio, un computer capire se intendiamo scherzare o meno?
Marco Malvaldi analizza gli studi fatti in merito riportando come esempi alcuni di quelli adoperati proprio nelle ricerche, passando per le statistiche riguardanti la frequenza delle singole lettere nei vari alfabeti e la frequenza delle associazioni di parole, e conclude affermando che, per portare alla risata, una battuta deve avere alcuni ingredienti fondamentali quali la condivisione con altri, il riconoscimento di una situazione antitetica od almeno inconciliabile con la premessa (e più intuitivo è e meglio sarebbe), e l’accertamento di una contestualizzazione in cui non vi siano pericoli critici per il destinatario della battuta. Ovviamente, lui lo dice in modo molto più esaustivo e facendo anche ridere, dal momento che gli esempi sono numerosi e tutti strettamente legati all’argomento.
Perlomeno, al contrario del saggio gastronomico su Barcellona, in questo c’è da ridere. Non che non ci fosse anche nell’altro, ma come ho già avuto modo di dire, le risate erano inquinate dalla mancanza di sentimento.
Va a sapere dove aveva la testa quando l’ha scritto.
Il Lettore



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