Altra evasione dal prolisso romanzo storico nel quale non mi riesce di
andare avanti (ma ancora non sono arrivato alla decisione di abbandonarlo del
tutto).
Stavolta evasione doppia,
perché sono stato rifornito di svariati libri in formato digitale e, curiosando
tra i vari titoli, ho trovato che di alcuni autori la cui bravura è ormai
consolidata vi sono diverse opere di gente nota ma a me sconosciute, e dopo
Murakami mi sono rivolto a Marco
Malvaldi. Per ben due volte,
quindi anche il prossimo post avrà
come soggetto lo stesso autore.
E come Murakami, perlomeno
con il primo dei suoi due libri che ho letto, stavolta mi ha deluso pure lui.
Perché pare che qualunque opera edita con il suo nome
abbia un successo strepitoso, e allora sotto a fargli scrivere libri su
qualsiasi argomento: gialli, chimica, informatica, matematica, scienza
divulgativa in genere e ora anche gastronomia.
O meglio: guide gastronomiche.
Sì, perché questo piccolo
saggio è una guida gastronomica di Barcellona.
Un po’ come hanno fatto tanti altri, alcuni dei quali ho già recensito qui, come
questo di Piersandro Pallavicini (qui, uscito tra l’altro nella stessa
collana della stessa casa editrice di quello in oggetto), cioè di coloro che
viaggiano e dei posti in cui si fermano sentono l’irrefrenabile bisogno di
raccontarne le bontà culinarie. Intenzione lodevole, peraltro, ma la cui
piacevolezza di lettura dipende molto da chi è che scrive. Della bravura di
Malvaldi ormai si è certi, ma capita a volte che anche lui non sia esente da
critiche. Come volevasi dimostrare.
Questo elenco di posti in cui
mangiare (e come), a Barcellona,
nonostante sia denso anche delle solite battute umoristiche del toscano, mi è
sembrato piuttosto sterile e sostanzialmente inutile, a meno che uno non muoia
dalla voglia di fare a breve un viaggetto
nella città spagnola (e anche in questo caso non è detto che debba andare a
mangiare negli stessi locali in cui è stato Malvaldi). Sembra scritto perché
glielo hanno commissionato, ecco, senza sentimento. A me, che di Barcellona non
me ne frega una mazza, ha lasciato dentro solo la delusione dell’aver
constatato come anche i miti possano crollare con poco. Molto meglio la guida
di Londra di Pallavicini, anche se
la pappa (per restare in tema) è la stessa.
Sarà che uno dei protagonisti
dei cui pareri bisogna tenere conto è anche il figlio quattrenne di Malvaldi, che
con un irrefrenabile empito di stucchevole melensaggine nel volume è chiamato Pulcino dal recente padre, e conoscete
già la mia idiosincrasia nei confronti dei bambini…
Il Lettore
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