Venghino venghino, venghino
siuri, oggi ben due recensioni al
prezzo di una!
Due romanzi, già letti da
molto tempo perché sono le prime avventure di Luigi Alfredo Ricciardi, il commissario con le visioni ideato da Maurizio De Giovanni, e letti di nuovo
stavolta sotto forma di fumetto. In
attesa dell’uscita della serie televisiva, Sergio
Bonelli Editore ha bruciato tutti sul tempo e ha pubblicato questi primi
bestsellers nella sua collana Romanzi a
Fumetti, sottotitolo della sottoserie: Le
Stagioni del Commissario Ricciardi.
Per vendere basta e avanza
come garanzia.
È andata così: l’altro giorno
ero col Ferro alla Biblioteca delle Nuvole, piangendo
l’uno sulla spalla dell’altro per i nostri acciacchi di persone anziane, quando
a un certo punto lui ha tirato fuori questi due albi chiedendomi se li avessi
mai visti prima. Alla mia risposta negativa non ha fatto altro che terminare di
completare la stesura della scheda di prestito col mio nome sopra e me li sono
ritrovati nel bustone insieme a tutti gli altri fumetti da gustare a casa in
santa pace.
Pubblicazioni non
recentissime comunque, visto che il primo uscito dei due risale al novembre
2017 (mentre la prima uscita come romanzo è del 2007, NdF). Alcune voci in
biblioteca sostenevano di averli trovati leggermente noiosi, e quindi mi sono apprestato alla lettura aguzzando il mio
spirito critico. Devo dire invece di averli trovati piacevoli come gli
originali e molto coerenti con lo spirito che ha voluto infondervi lo stesso De
Giovanni.
Naturalmente non parlerò
delle trame e delle ambientazioni perché tutti già le conoscono (e del resto
nei romanzi di De Giovanni rimangono sempre in secondo piano), e mi limiterò
alla leggibilità del prodotto.
È ovvio che ho riscontrato una discordanza tra
come il disegnatore ha reso le fattezze di Ricciardi (e di tutti gli altri
personaggi) e come me li ero figurati nella mia mente, ma anche qui sta il
bello, no? Il tratto è ovviamente realistico il più possibile e nei due albi si
assomiglia molto nonostante i disegnatori siano diversi (Daniele Bigliardo per il primo e Lucilla Stellato per il secondo) ma si vede che il coordinatore
editoriale ha imposto alla Stellato di copiare, per uniformità, chi l’aveva
preceduta. L’impaginazione è in una tipica gabbia bonelliana di 9 x 9 vignette
ma molto libera, con frequenti sconfinamenti sul numero e sulla forma dei
riquadri, tondo, verticale od orizzontale.
I colori sono solamente due,
un nero e un bianco virato all’azzurro, con l’unica particolarità che i morti
visti da Ricciardi non sono colorati in blù come il resto ma rimangono di un
bianco dai contorni sfumati.
Anche gli sceneggiatori sono
diversi, Claudio Falco nel primo
caso e Sergio Brancato nel secondo,
e anche in questo caso non posso che sottolineare come abbiano fatto un buon
lavoro. Entrambe le sceneggiature ricalcano esattamente le trame dei romanzi
come le aveva impostate l’autore, badando ai fatti salienti e illustrando anche
i personaggi secondari: Enrica, Livia, Rosa, Bambinella, Modo, quando
necessario e dando molto risalto al sentimentalismo
voluto da De Giovanni. Sceneggiature molto lineari e strettamente cronologiche
con qualche piccola libertà, come quella di anticipare la morte del figlio di
Maione ne Il senso del dolore per consentire
una caratterizzazione più completa del rapporto tra lo stesso Maione e il
Commissario.
In definitiva io non li ho
trovati noiosi come mi avevano anticipato, anzi, mi ha fatto piacere leggerli e
vi ho trovato una notevole rispondenza ai romanzi originari. Anche se una
spiccata uniformità (oddio, è un ossimoro?) riconosco che potrebbe dar adito,
in qualcuno, all’insorgenza della noia.
Ma si sa, alcuni disegnatori
sono molto più critici del sottoscritto.
Il Lettore
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