Romanzo consigliatomi dal mio
editor che lo ha trovato interessante. Autrice sconosciuta.
Proviamo a dar loro credito. Sia all’autrice che all’editor.
La protagonista che narra in
prima persona sembra una via di mezzo tra una completa asociale e una affetta da autismo
all’ultimo stadio. Dopo poche pagine nelle quali al massimo imparo come si fa
una ceretta, la lettura mi ha già saturato
ed esterno al mio editor l’intenzione
di non proseguire e passare ad altro.
Non sia mai! Il romanzo
merita, non lo puoi lasciare così!
Per non litigare sto zitto e
proseguo nella lettura. Ma ho già visto che la cosa non mi divertirà.
E la cosa non mi ha divertito
affatto. Anche se per essere sinceri alcune affermazioni le ho trovate
perfettamente condivisibili, come questa: “A
volte le persone popolari devono ridere di cose che non trovano molto
divertenti, devono fare cose cui non tengono particolarmente, con gente di cui
non apprezzano particolarmente la compagnia. Io no.”
Praticamente non ci ho
trovato altro di interessante. Il plot
del romanzo si capisce subito qual è: la protagonista è così misantropa perché
le è successo qualcosa di tremendo da piccola, e l’interesse del lettore
dovrebbe essere suscitato dal venire a sapere che cosa le è accaduto. Ma in realtà l’autrice non è stata così brava
da nasconderlo fino all’ultima pagina e si capisce pressoché subito. Proseguendo
nella lettura forzata, mi sono chiesto allora cosa le fosse successo di altro, auspicandomi dei colpi di scena eclatanti a corollario del fatto
tragico accadutole ma in definitiva non così tanto eccezionale.
Ma nulla, è rientrato tutto
nel già immaginato. In definitiva la delusione
che mi ero prefigurato.
Come romanzo di esordio è un
tentativo apprezzabile ma non mi sento di dire lodevole. Accurate la ricerca di
interazione con il prossimo (pressoché assente), e l’introspezione psicologica
di una trentenne sociopatica, e potrei
anche dire che in questo sta il tentativo dell’autrice di creare
quell’interesse che spinge a proseguire nella lettura, ma in fondo non le è
riuscito poi così bene. Pazienza. Sarà
per il secondo libro (dubito che lo leggerò).
Avrei anche imparato come
si compra un vestito per una festa e come se ne sceglie un altro per un
funerale, cosa si deve mangiare nei giorni intercorrenti tra le due date, cosa
si beve e soprattutto cosa non si
deve bere, e come ci si dovrebbe comportare nei primi appuntamenti con un amico.
E mi sarebbe anche tornato
utile, se io fossi stata una trentenne con gravi problemi nella sfera delle
relazioni sociali. Ma in realtà non
è che abbia mai sentito il bisogno di avere quelle informazioni, e anche ora avrei
potuto benissimo continuare a farne a meno.
Il Lettore
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