mercoledì 5 settembre 2018

Eleanor Oliphant sta benissimo


Romanzo consigliatomi dal mio editor che lo ha trovato interessante. Autrice sconosciuta. Proviamo a dar loro credito. Sia all’autrice che all’editor.
La protagonista che narra in prima persona sembra una via di mezzo tra una completa asociale e una affetta da autismo all’ultimo stadio. Dopo poche pagine nelle quali al massimo imparo come si fa una ceretta, la lettura mi ha già saturato ed esterno al mio editor l’intenzione di non proseguire e passare ad altro.
Non sia mai! Il romanzo merita, non lo puoi lasciare così!
Per non litigare sto zitto e proseguo nella lettura. Ma ho già visto che la cosa non mi divertirà.




E la cosa non mi ha divertito affatto. Anche se per essere sinceri alcune affermazioni le ho trovate perfettamente condivisibili, come questa: “A volte le persone popolari devono ridere di cose che non trovano molto divertenti, devono fare cose cui non tengono particolarmente, con gente di cui non apprezzano particolarmente la compagnia. Io no.”
Praticamente non ci ho trovato altro di interessante. Il plot del romanzo si capisce subito qual è: la protagonista è così misantropa perché le è successo qualcosa di tremendo da piccola, e l’interesse del lettore dovrebbe essere suscitato dal venire a sapere che cosa le è accaduto. Ma in realtà l’autrice non è stata così brava da nasconderlo fino all’ultima pagina e si capisce pressoché subito. Proseguendo nella lettura forzata, mi sono chiesto allora cosa le fosse successo di altro, auspicandomi dei colpi di scena eclatanti a corollario del fatto tragico accadutole ma in definitiva non così tanto eccezionale.
Ma nulla, è rientrato tutto nel già immaginato. In definitiva la delusione che mi ero prefigurato.
Come romanzo di esordio è un tentativo apprezzabile ma non mi sento di dire lodevole. Accurate la ricerca di interazione con il prossimo (pressoché assente), e l’introspezione psicologica di una trentenne sociopatica, e potrei anche dire che in questo sta il tentativo dell’autrice di creare quell’interesse che spinge a proseguire nella lettura, ma in fondo non le è riuscito poi così bene.  Pazienza. Sarà per il secondo libro (dubito che lo leggerò).
Avrei anche imparato come si compra un vestito per una festa e come se ne sceglie un altro per un funerale, cosa si deve mangiare nei giorni intercorrenti tra le due date, cosa si beve e soprattutto cosa non si deve bere, e come ci si dovrebbe comportare nei primi appuntamenti con un amico.

E mi sarebbe anche tornato utile, se io fossi stata una trentenne con gravi problemi nella sfera delle relazioni sociali. Ma in realtà non è che abbia mai sentito il bisogno di avere quelle informazioni, e anche ora avrei potuto benissimo continuare a farne a meno.
Il Lettore

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