giovedì 2 ottobre 2014

Mai gridare al lupo

Come dicevo pochi giorni fa, a me i lupi sono sempre piaciuti molto fin da quando ero piccolo. Nel corso degli anni mi sono documentato su di loro anche su testi strettamente universitari e la mia biblioteca contiene diversi romanzi e saggi su questi canidi. Passione protratta fino al punto di condividere totalmente la mia vita con uno di essi per dieci anni in un'esperienza indimenticabile. Ma di questo non parlerò, dal momento che esula dagli scopi di questo blog.


Adesso, in seguito alla rinnovata recrudescenza di attacchi contro questa razza che da qualche tempo viene perseguita da politicanti ottusi e cacciatori deficienti, ho voluto ripescare questo esilarante romanzo del 1963 nel quale Farley Mowat racconta la sua esperienza personale di contatto con un branco di lupi artici, e dal quale nel 1983 è stato tratto un film con la regia di Carroll Ballard.
Mai gridare al lupo è la storia reale di un giovane biologo incaricato dal governo canadese di investigare le cause dell’allarmante morìa di caribù nelle terre dell’estremo Nord, ipotizzate principalmente nelle stragi ad opera dei lupi. Farley Mowat viene quindi condotto in aereo in mezzo ai ghiacci canadesi e lasciato lì nella tundra, del tutto da solo per alcuni mesi, nel corso dei quali non solo entrerà in contatto con i temibili, orrorifici, feroci, terrificanti, voraci, famelici, spaventosi e raccapriccianti animali, ma imposterà con loro un rapporto situato ben oltre il connubio ricercatore-animale, fino a giungere quasi ad immedesimarsi in loro e a capirne il modo di vivere come non era mai stato fatto in precedenza da nessun’altro ricercatore.
Lo scienziato scoprirà così come il ruolo del lupo sia assolutamente essenziale per la regolazione dei rapporti interspecie nell’ambito di ogni ecosistema allo stato selvaggio, e come quegli animali reputati sanguinari assassini siano in realtà estremamente intelligenti, affettuosi, giocherelloni, genitori amorevoli e dotati di uno spiccato senso sociale.
Le stragi di caribù? I responsabili erano ovviamente i cacciatori, che si divertivano a inseguirne le mandrie falcidiandole con i fucili per puro divertimento stando comodamente seduti a bordo di piccoli aerei da turismo. E i deficienti lo chiamano sport.
Mowat ha rilevato come i branchi di lupi si cibassero solo dello stretto necessario, principalmente topi, e come per loro quei pochi caribù deboli e malati che fossero riusciti a cacciare rappresentassero solo ciò che noi potremmo considerare il lusso del pranzo domenicale. In seguito molti altri studi hanno confermato i riscontri dello studioso, non ultima un’indagine imperniata sulla ricerca delle cause della deforestazione nel parco di Yellowstone: quando fu creato il parco si dette avvio ad una campagna di eliminazione dei lupi residenti, per il timore che uccidessero troppi alci e che infastidissero i visitatori. Dopo pochi anni, si scoprì con stupore che nel parco non crescevano più né erba né nuovi alberi. Cos’era successo? Eliminando i lupi, le popolazioni di alci erano cresciute talmente tanto da cibarsi di qualsiasi cosa verde spuntasse dal terreno, portando rapidamente al collasso l’intero ecosistema (fonte: ora non ricordo quale degli interessantissimi libri di Bill Brysonvedi).
Al di là dei significati scientifici e sociali, comunque, Mai gridare al lupo è un resoconto divertente dei mesi passati dall’autore nella tundra ghiacciata, denso di paragrafi spassosissimi: dal primo incontro con gli animali, in seguito al quale sia il lupo che lo scrittore hanno rischiato di morire dalla paura, alle prove di assaggio della carne di topo per accertare se la carica proteica e calorica potesse essere sufficiente a sostentare un grosso mammifero, e così via, in una scorribanda di avventure umano-lupesche simpaticissime e istruttive.
Ora vogliono di nuovo cacciare dall’Italia, oltre agli orsi, quei pochi lupi che stanno cercando faticosamente di sopravvivere in un ambiente sempre più antropizzato.
Pura barbarie, ignoranza assoluta, fomentata da politicanti del tutto idioti a loro volta imbottiti di cazzate da cosche di cacciatori anacronistici e giornalistucoli accondiscendenti servi del sistema. A tutti loro vorrei consigliare, nella lontana speranza che sappiano leggere, di studiarsi i saggi del professor Luigi Boitani, il maggior esperto italiano di lupi, o di David Mech, il più famoso ricercatore sul tema a livello mondiale, in modo che possano capire qual è la situazione reale e comportarsi di conseguenza accendendo quel briciolo di cervello che è loro rimasto. Utopia? Sì, forse è troppo arduo sperare che i politici capiscano qualcosa, o che operino in modo utile alla società. Al posto dei lupi, ci sarebbero ben altre bestie da cacciare. Su due zampe.
Non solo sono belli, i lupi sono utili e rappresentano un indicatore dello stato di salute di un territorio così come gli orsi. E quando si legge nei giornali “pecore massacrate dai lupi”, bisogna sapere che solo nell’uno per cento dei casi la notizia è vera, e che nella restante parte le cause della strage sono da ricercarsi in altre direzioni.
Avete presente quando un lupo afferra un cucciolo per la collottola con le sue temibili zanne e lo conduce al sicuro? Ecco, è da questo che deriva la locuzione “in bocca al lupo”.
In bocca al lupo? Bisogna rispondere: magari, grazie!
Il Lettore 

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