martedì 14 ottobre 2014

La vendetta

Se putacaso siete anche un minimo depressi, o se per un qualsiasi futile motivo non siete più che in pace con voi stessi e il vostro equilibrio psicologico non è più che ben saldo, allora vi consiglio di non leggere questi racconti.


L’autrice della Trilogia della città di K (vedi) mette in scena questa volta 25 racconti brevissimi, ognuno lungo al massimo tre pagine, narrazioni angoscianti che rappresentano istantanee surreali e taglienti, feroci nella loro nudità, talmente potenti (in negativo) da far vacillare la propria saldezza mentale.
Sono racconti in cui tutto è essenziale e tutto contribuisce a trasmettere un senso di devastazione, di solitudine, di alienazione, di perdita da parte di personaggi anonimi, vite alla deriva capaci di gesti estremi ed estreme rassegnazioni. Lo stile è scarno ed essenziale, perfetto per gli intendimenti che vuole trasmettere, e fa capire come Agota Kristof  possegga una superba capacità di sintesi e di attenersi al concetto senza inutili divagazioni. Il problema sta nel fatto che tutti i racconti ti sprofondano in un baratro senza fine dal fondo del quale non vedi più neppure un barlume di speranza, per non parlare di ottimismo e futuro roseo.
Ritengo che i racconti più pubblicizzati o dei quali si è discusso di più, come quello in cui la moglie uccide il marito solo perché russa, o l’altro in cui uno studente uccide i professori per salvarli (!) dalla crudeltà dei compagni, siano a mio parere i meno incisivi, rispetto ad altri  contenenti pura violenza psicologica e un angosciante senso di ineluttabilità e di futuro del tutto senza speranza.
Sempre parlando di stile, l’ho trovato più coerente rispetto alla Trilogia, più maturo, e perlomeno in questo volumetto quasi tutti i racconti sono comprensibili anche se spesso il surreale la fa da padrone.
Bene, io vi ho avvertito. Poi, se volete farvi del male, accomodatevi pure.
Il Lettore (sull’orlo della depressione, e in più oggi piove pure).
Kristof, Lettore 

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