Questo Storia di un corpo ha risollevato di molto Daniel Pennac nella mia considerazione, dopo la débâcle di Ecco la storia. Naturalmente tutto ciò è soggettivo: è possibile
che a qualcuno Ecco la storia sia
piaciuto, e questo diario fisico
invece non gli dica assolutamente nulla.
A me è piaciuto molto, a
partire dall’idea, proseguendo con la tecnica di realizzazione per finire con
lo stile e la prosa utilizzati.
L’idea, vincente, è quella di
realizzare un diario della propria
vita scrivendoci sopra esclusivamente
fatti riguardanti il proprio corpo e le sensazioni che questo trasmette al
cervello. Sembra una cosa da poco, ma farci un libro di 300 pagine permettendo
al lettore di arrivare in fondo senza cali di interesse non lo è affatto.
Per realizzare ciò Pennac ha
utilizzato la tecnica: in una
ripetitiva e rischiosamente monotona enumerazione dei giorni e degli
accadimenti ha inserito frequenti variazioni
di ritmo, dal post (come se fosse un blog, no?) sintetico, anche di una sola
riga, alle narrazioni in più pagine che assumono la forma di veri e propri
racconti; ha interrotto l’andazzo con salti temporali e con interventi diretti dell’autore rivolti
alla figlia che è il destinatario finale di questo diario; ha alternato momenti
esilaranti con episodi dal toccante
al tragico, chiudendo quasi tutti i
capitoletti con una breve battuta che
soddisfa il lettore e lo sprona a proseguire nel successivo.
Il tutto per narrare cosa
succede al corpo del protagonista
dall’età prepubere alla vecchiaia, dal sapore del primissimo sorso di caffè ai
sintomi delle malattie ai dolori delle sbucciature, dal gusto dei cibi alla
sensazione di un tuffo, da indefinibili polluzioni notturne a entusiasmanti
eiaculazioni, dal dolore atroce di una carie agli acciacchi della vecchiaia al
senso di vuoto per la perdita di una persona amata. In pratica tutto ciò
attraverso cui siamo passati o saremo costretti a passare nel corso della
nostra vita. È ovvio che, essendo scritto da un uomo, in questo diario si
troveranno fatti legati più strettamente all’universo maschile, ma in ogni caso
una carie è una carie sia per gli uomini che per le donne, così come la
varicella non sta a guardare di che sesso sei, e penso che anche una donna
possa trovarci molti spunti di interesse.
La tecnica di Pennac è
supportata da uno stile squisito e
da una prosa accattivante, semplice
e forbita, valorizzata dall’ottima traduzione di Yasmina Melaouah. Raccontando del proprio corpo inoltre, Pennac
fornisce, insieme alla vita del protagonista, un quadro sintetico della storia
e dell’evoluzione sociale della Francia dagli anni ’30 ad oltre il 2000,
insieme a tutta la sua sensibilità, dimostrata anche nel resto della sua
produzione, nei confronti degli esseri umani.
E insieme all’ironia e al
senso dell’umorismo che lo contraddistinguono:
“29 anni, 2 mesi, 22 giorni Giovedì
1° gennaio 1953
Ieri
sera veglione a casa R. Distribuzione di sigari. Dibattito sui pregi rispettivi
di Cuba, Manila e non so quali altri paesi produttori di tabacco. Mi chiedono
un parere. Ma, a vedere quegli intenditori tagliare con aria compunta quei tronchi,
non sono riuscito a togliermi dalla testa l’idea che l’ano, sezionando lo
stronzo, svolge la funzione di un tagliasigari. E il volto, in entrambe le
circostanze, mostra la medesima espressione concentrata.”
Come fai a non sorridere,
dopo, quando sei al bagno, all’idea di quei sigari che stai spuntando? E per fortuna che ogni tanto
fa sorridere, narrazione e metafora della vita stessa, perché avvicinandosi
alla fine…
Il Lettore
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