martedì 4 agosto 2015

La porta

Non conoscevo Magda Szabó, classe 1917, scrittrice ungherese scomparsa da pochi anni, e quando nel corso degli scambi librari mattutini con il compagno di passeggiate lui mi ha dato questo volumetto ho pensato subito di trovarmi di fronte a un’altra Agota Kristof (vedi). In effetti una linea di contatto c’è, ma dove la Kristof sconfina nell’incomprensibilità, la Szabò resta nel concreto, approfondendo l’analisi dei sentimenti che possono nascere tra due donne di diversa estrazione sociale, ma passate entrambe per esperienze, come quelle della guerra e della dittatura, che le hanno segnate a fondo. Il filo conduttore che unisce le due scrittrici risiede proprio nelle vicende drammatiche dell’Ungheria, che hanno condizionato il comportamento di tutti fino a incidere nei rapporti interpersonali.




L’Io narrante del romanzo si può identificare nella stessa autrice, riconosciuta scrittrice di ceto medio-alto, che si trova a dover ricorrere all’aiuto di una donna di servizio per sbrigare le faccende di casa. Conosce così Emerenc, la vera protagonista del libro, un’anziana professionista delle pulizie il cui forte carattere e il cui particolare modo di pensare verranno fuori dalle pagine a poco a poco rivelando, oltre alle tragedie personali e del Paese in cui vivono, la difficoltà di costruire un rapporto sereno tra due donne provenienti da estrazioni differenti.
Io non lavo i panni sporchi al primo che capita”, tiene a precisare Emerenc al primo incontro, facendo subito emergere una dignità superiore altrimenti propria di un Jeeves o dello Stevens di Kazuo Ishiguro (vedi). È la stessa Emerenc a scegliere i propri datori di lavoro e a decidere il proprio stipendio, così come non permette a nessuno di entrare in casa propria o di dirle come deve comportarsi o come la deve pensare. Una donna dura, lavoratrice instancabile, forgiata in tragedie e  avversità, della quale mai nessuno ha visto i capelli sempre raccolti in un fazzoletto scuro, che si intromette anche pesantemente nella vita dei suoi datori di lavoro ed è dotata di una moralità inscalfibile, del disprezzo nei confronti della politica e del regime e di un animo umanitario totalmente altruistico.
Con queste premesse il rapporto tra la scrittrice borghese e la “vecchia” dotata di un’energia inesauribile si trasforma subito in un conflitto, dal quale però emerge la volontà di entrambe di appianare gli attriti e se non di venirsi incontro, perlomeno di tentare di comprendersi. Evidentemente ognuna vede nell’altra, al di là delle incomprensioni, uno spessore d’animo meritevole di una considerazione, fino a che il conflitto sfocerà in un profondo vicendevole affetto.
Magda Szabó mette in tavola una prosa piacevole, semplice e pulita, con lunghi periodi spezzati dall’uso reiterato della virgola, piacevole da leggere e interessante per i misteri che sembra si celino dietro questa donna e che emergono pian piano nel corso del romanzo. Come non essere incuriositi da una personalità fortissima e adamantina? Come non essere intrigati dalla sua abitazione nella quale non permette a nessuno di entrare? Quali misteri vi saranno nascosti? E cercando di scoprire questi arcani ci si cala all’interno delle vicende storiche dell’Ungheria e delle tragedie che segnano qualsiasi tirannia.
La porta è un romanzo importante, una metafora dell’impossibilità, o per lo meno della difficoltà che prova ognuno di noi al momento di dover varcare certe soglie e accettare il pensiero altrui.
Il Lettore

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