Questo è un libro che mi ha
lasciato molto perplesso. Non posso
dire che mi è piaciuto perché non sarebbe vero, ma non posso dire nemmeno che è
un romanzo totalmente brutto. Quando è uscito nel 1999 è diventato subito un
caso letterario e ne hanno tratto un film con Jeremy Irons e quella pera cotta di Juliette Binoche (perdonatemi, ma per quanto possa recitare in modo
magistrale questa donna mi dà sempre un’impressione melensa e stucchevole), e
le recensioni lo hanno inneggiato a capolavoro lodandone la prosa superlativa e
la capacità di imbrigliare da subito e condurre il lettore a uno stato profondo
di turbamento.
A posteriori penso che
abbiano leggermente esagerato, o forse si sono lasciati irretire da una
copertina sì conturbante, ma palesemente fuori tema: il grafico ha sfruttato un
aspetto del tutto secondario del rapporto fra i protagonisti per muovere nel
potenziale acquirente le leve erotiche del sesso più eccitante, che nel romanzo
è poco più che lasciato immaginare, e spingerlo a portarsi a casa la sua copia.
Il romanzo di Josephine Hart ricalca la solita trama
del cinquantenne che si rincoglionisce per una passera trentenne che lo
contraccambia con passione, ma il loro intenso rapporto è leggermente
complicato dal fatto che lei è la fidanzata (anche se un po’ più grande) del
figlio di lui. E scusa se è poco. Il protagonista è un uomo freddo e
calcolatore, del tutto arrivato sia in campo medico che politico ma arido di
sentimenti, mentre lei è una donna segnata da un passato tragico, un carattere
complesso e misterioso ma libero e deciso, che nel corso del libro si rivelerà
ancora più calcolatrice di lui.
Tra i due scocca fin dal
primo incontro una passione incontrollabile fatta di comprensioni reciproche
con un solo sguardo (che nella realtà neanche se ve lo spiegate per iscritto
con tanto di piantina), di una complicità che neanche Bonnie and Clyde e di torbidi incontri sessuali, fino a che… come al solito mi dovrete scusare perché non
posso entrare in particolari che vi toglierebbero il gusto della lettura. Posso
solo anticiparvi che la storia terminerà in tragedia, e la Hart è stata brava nel delineare gli antefatti, i
contorni e le motivazioni del dramma costruendo pagine dense di pathos e conferendo ai protagonisti
aspetti caratteriali profondi e intriganti. E di sicuro il concetto su cui si
basa anche il titolo del libro, quello che la protagonista Anna Barton spiega con queste parole: “Ho subito un danno. Le persone danneggiate
sono pericolose. Sanno di poter sopravvivere... È la sopravvivenza che le rende
tali... perché non hanno pietà. Sanno che gli altri possono sopravvivere, come
loro.” è meritevole di una
riflessione.
Ciò che invece non mi è piaciuto (oltre alla scelta
del nome del protagonista, Stephen,
che non può non far pensare al Sir
Stephen di Histoire d’O) è lo
stile, soprattutto all’inizio del libro, con cui l’autrice ha alternato
capitoli abbastanza appaganti a capitoli tirati via, brevi al punto da farli
sembrare trasandati come se si fosse
stufata e non avesse visto l’ora di mettersi a creare una scena diversa. Devo
dire che andando avanti nella lettura quest’impressione si attenua e lo stile
comincia a migliorare fino a essere più omogeneo consentendo all’interesse di
crescere, ma le prime pagine mi hanno fatto veramente venire voglia di
piantarlo lì.
Un’altra cosa a parer mio
criticabile è il far parlare il
protagonista maschile in prima persona. Quando un’autrice si cala in una
personalità maschile (ma è vero anche il contrario) facendola narrare in prima
persona, cade immancabilmente nel farle esternare affermazioni che a un uomo
non sarebbero mai passate per la testa, come il descrivere i soprammobili di un
salotto (nella realtà maschile: perché,
c’erano dei soprammobili?), il particolareggiare qualità e colore delle
stoffe dei divani (sì, era abbastanza
comodo…), o criticare le scelte per il vestiario dei figli (plissé cosa? Laura Ashley chi?). Ora, è impossibile che una lettrice donna
(essendo donna) si possa rendere conto di queste cose, ma un uomo se ne accorge
eccome! Tant’è vero che la stragrande maggioranza delle recensioni che parlano
bene di questo libro sono tutte scritte da donne… Via, gentili fanciulle, non
mi assalite, ho già detto che la stessa cosa succede quando un autore maschio
tenta di immedesimarsi in un io narrante femmina…
Nel complesso è uno di quei
libri che non mi sono piaciuti e che ritengo nettamente sopravvalutati, ma sono
comunque contento di averlo letto perché sparsi qua e là ci ho trovato diversi
spunti interessanti. E guarda caso, la Hart non è più riuscita a scrivere un
altro romanzo che sia riuscito ad avvicinarsi nemmeno lontanamente al successo
di questo.
Ci sarà un qualche motivo
particolare?
Il Lettore
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