mercoledì 1 aprile 2015

Riti di morte

Non è che sentivo proprio il bisogno impellente di leggere un altro giallo di Alicia Giménez-Bartlett, ma questo Riti di morte mi è capitato in un blocco di prestiti e non ho potuto fare a meno di prenderlo: tra un attimo vi spiego il perché.
A proposito di prestiti: da queste parti girano un mucchio di libri in prestito, e dal momento che io sono uno che ai libri ci tiene, anche a quelli degli altri, mi sono organizzato così: i libri che presto in lettura, solo a persone fidate, li segno in un taccuino dedicato unicamente a questo scopo, così non corro il pericolo di dimenticarmi a chi li ho dati (purtroppo in passato è già successo diverse volte), mentre i libri che ricevo li incasello in orizzontale sopra altri libri riposti in verticale sui miei scaffali, appiccicando al muro, sopra di essi, una striscia di nastro adesivo di carta con su scritto il nome di chi me li ha prestati. Così non corro il rischio di dimenticarmi a chi appartengano. Dal momento che in questo periodo ho circa una trentina di libri di altri, da rendere o ancora da leggere, sono costretto a usare questo sistema altrimenti ben presto si finirebbe nel caos.
Il problema è che gli ospiti che ignorano le abitudini di casa si mettono sempre a ridere quando notano la sfilza di nomi appiccicati al muro col nastro adesivo. Sono sempre ben accetti consigli su altri sistemi per gestire la faccenda. Che funzionino, beninteso.




Tornando a Riti di morte, che ora riposa in cima alla pila di dieci volumi sotto la striscia con su scritto “Massimo”, dicevo che ho dovuto prenderlo perché non solo non l’avevo ancora letto, ma è anche la prima avventura della coppia di investigatori seriali della Bartlett, e quindi non ho potuto fare a meno di rendere edotto me stesso sui primi passi del loro rapporto. Il romanzo è stato scritto nel 1994, ha visto la prima edizione nel 1996 ma in Italia è stato pubblicato solo nel 2002 preceduto da ben altre tre avventure successive della premiata ditta Delicado-Garzòn. I soliti misteri dell’editoria italiana.
Fatto sta che in quest’avventura l’ispettore Petra Delicado e il vice-ispettore Fermìn Garzòn si conoscono per la prima volta e sono posti a lavorare insieme a un caso di stupro; lei ex-avvocato entrata in polizia per sfida, lui quasi al termine di una carriera giudiziaria trascorsa nei seminterrati; entrambi relegati a incarichi di terzo piano, quasi reietti e considerati meno di un due di briscola.
La vicenda si dipana tra alti e bassi, molti alti e bassi, decisamente troppi, sia inerenti il caso in oggetto che ben presto si trasforma in più casi di omicidio, sia riguardanti le vicende personali dei due fino alla risoluzione con la quale entrambi si guadagnano i riconoscimenti che prima erano stati loro negati. Il romanzo è leggibile ed è caratterizzato dal solito stile molto discorsivo della Bartlett che indugia decisamente sul lento, consentendo al lettore di venire a conoscenza degli sviluppi delle indagini di pari passo con gli investigatori.
Mettendo in pista questi due nuovi personaggi che diventeranno sempre più importanti nei successivi romanzi, capisco come l’autrice abbia voluto insistere nella costruzione delle due figure, delineando accuratamente entrambi insieme al loro reciproco rapporto che dopo una partenza disastrosa man mano acquista spessore e si consolida con la nascita di una stima reciproca che permetterà loro di lavorare insieme collezionando risultati positivi. Di sicuro al rapporto tra i due viene conferito più peso che all’indagine stessa, che alla fine lascia un po’ il tempo che trova.
In effetti qualche pagina la Bartlett avrebbe potuto risparmiarsela, insieme a diverse incongruenze, a partire dai personaggi che cambiano nome dopo poche pagine, delle quali si sarebbe accorta se avesse fatto un lavoro di editing più accurato. La Bartlett insiste troppo sui pensieri e sulle problematiche personali della protagonista e questo, oltre che allungare a dismisura, dopo un po’ ti fa calare l’interesse nei suoi confronti di pari passo con il crescere di un fastidioso disturbo alle parti basse.
Basta, per finirlo l’ho finito, ma per un po’ di tempo di Petra Delicado non ne voglio proprio nemmeno sentir parlare.
Il Lettore 

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