Sempre restando in tema di
ripescaggi (ancora sono a pagina 600 del crostone…), voglio proporre a chi non
la conosca una lettura veramente meritevole: carina, simpatica, con quel
pizzico di datato che la fa scivolare tra i classici e uno stile di scrittura da
vero professionista.
Uno dei romanzi più
divertenti che io abbia mai letto.
Richard
Pitt Powell è stato un
giornalista statunitense che negli anni quaranta si è dedicato alla narrativa,
e dopo aver pubblicato un bestseller come L’uomo
di Filadelfia ha scritto questo Vacanze
matte dal quale è stato tratto il film
Lo sceriffo scalzo con protagonista Elvis Presley.
La traduzione italiana del
titolo originale del libro – Pioneer, go home! – non è che sia
molto felice, in quanto il titolo americano rende meglio lo spirito che anima
tutto il romanzo, quel self - american
way of life (il self è mio) che è
tanto caro alla popolazione statunitense (ora lasciamo perdere per un momento il
problema che questo modo americano di
vita ha causato innumerevoli disastri; non parliamo di politica
internazionale, che il lettore…). Resta il fatto che ho letto questo libro per
la prima volta che non avevo ancora vent’anni, e in seguito l’ho riletto altre
due o tre volte trovandoci ogni volta di che divertirmi.
Il plot è la storia di una famiglia un po’ particolare che decide di
stabilirsi in una residenza di fortuna ed è osteggiata da delinquenti e
autorità locali (che capolavoro di sinossi, eh?), raccontata in prima persona da
Toby Kwimper, un diciottenne che
appare come una via di mezzo tra Forrest
Gump e il Lil’ Abner di Al Capp. Powell è bravissimo nel
calarsi nei pensieri del ragazzo e nel rimanere sempre fedele al suo punto di
vista che è quello di un animo puro
e leggermente ritardato, ingenuo quanto basta da far sospettare che alla fine
ci marci ben bene. Ma con finezza, però.
Quella dei Kwimper si
tramuta ben presto in una lotta sociale in cui i “cattivi” sono di volta in
volta rappresentati da delinquenti molto caricaturizzati (che alla fine le
buscano) e politici e burocrati del posto (che alla fine se ne escono
scornati), ma quando sembra che questa combattiva famiglia abbia vinto con la
purezza tutte le sue battaglie, ecco la nota amara del vincitore che si tramuta
in perdente (e mi viene in mente Il
vecchio e il mare) perché per ottenere del tutto il proprio scopo i
protagonisti sono costretti ad integrarsi in quella società di regole alle
quali si erano sempre rifiutati di sottostare in nome della libertà sancita
dalla costituzione americana.
Una splendida e amara
chiosa finale, che rimane a fungere da morale a un romanzo divertentissimo nel
quale ci si trova spesso a ridere di fronte a situazioni semplicissime, un umorismo
quasi da comiche, ma definito con una classe superiore.
Il Lettore
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