Ho da comunicarvi un paio
di notizie da questa scrivania: una
buona e una cattiva.
La notizia buona è che ho ricominciato a leggere gli inediti che arrivano in Casa Editrice:
avevo rallentato di molto l’attività di valutazione fino a sentirmi un po’ in
colpa e mi sono costretto a riprendere. Il rallentamento è stato dovuto
soprattutto a due ragioni: la principale è che passo troppo tempo
davanti allo schermo; tra il lavorare (purtroppo poco…), il leggere, il blog, lo scrivere e, non ultima, l’attività
di moderazione nel forum, alle volte
mi arriva la nausea da monitor e
provo una certa repulsione solo a pensare di leggere a schermo. E poi voglio
stare un po’ fuori, all’aria aperta, tempo permettendo. La seconda ragione è che mi sono stufato
di leggere porcate, il ché è direttamente collegato alla…
…notizia
cattiva: la percentuale
di bocciature continua a sfiorare il cento per cento.
Degli inediti che ho
visionato in questi giorni ne ho salvato (in parte…) solo uno. Quando a scrivere
è un professionista si vede subito:
sinossi esauriente, presentazione impeccabile, impaginazione perfetta, testo
revisionato criticamente, assoluta mancanza di errori. Un autore (una, in
questo caso) che ha già pubblicato e sa come vanno le cose si riconosce fin
dalle prime righe. Il problema di questo testo era che l’argomento del romanzo
a me non interessava proprio, nonostante lo stile leggibile e ben articolato, e
il genere era del tutto avulso da quelli trattati dalla Casa Editrice in
questione. Ho consigliato l’Editore di dargli un’occhiata lui stesso e decidere
autonomamente se possa fare per loro.
Per il resto…
Diciannovenni convinti a
torto che l’uso di termini roboanti
e concetti astrusi possa salvare il mondo dall’abbruttimento.
Ipo-maggiorenni che dopo
aver letto in vita loro solo Geronimo
Stilton pretendono di convincerti
che ciò che ti appresti a leggere sarà il prossimo Premio Strega.
Maestre
elementari che non
conoscono l’uso degli spazi: un intero testo (peraltro insulso…) senza spazi né
prima né dopo tutti i segni d’interpunzione (adoperati comunque da fare
schifo…).
Poesia, poesia, ancora
poesia… non se ne può più! Soliti concetti e solita ricerca esasperata del
termine che potrebbe colpire di più. Basta! Caro il mio Editore, a parte il
fatto che non la pubblichi, tanto sai già che la poesia la boccio, ti prego,
risparmiamela!
Ma quello che mi colpisce
di più ogni volta è l’assoluta, persistente, inesplicabile assenza di un sia
pur minimo briciolo di autocritica:
quasi nessuno che si ponga il dubbio di aver scritto o meno una cosa decente,
quasi nessuno che rilegga ciò che ha scritto, quasi nessuno che operi una
revisione costruttiva; tutti convinti, a giudicare dalle recensioni autoincensanti
che accompagnano gli elaborati, di aver scritto un capolavoro al primo
tentativo.
Beati loro.
Mentre sto scrivendo questo
post mi arriva una mail: un’amica di cui non farò il nome
mi chiede di dare un’occhiata alle primissime pagine dell’ultimo lavoro che si
sta accingendo a scrivere. L’incipit
e poco altro. Le mie labbra si increspano in un sorriso – ma tu guarda la
coincidenza! – apro il file e mi
metto a leggere: alcune imprecisioni, ma molto promettente. Non sarà facile, ma
spero che riesca a mantenere il filo fino al termine.
L’amica ha già pubblicato,
e si vede.
Il Valutatore
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